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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Per ogni giù c'è sempre un su

Quasi tutti da piccoli o da grandi hanno visto e rivisto quelle magnifiche sequenze del cartone La Spada nella Roccia della Disney, in cui Mago Merlino e giovane Artù, trasformati in pesci, girano nel fossato del castello cantando quelle strofe «Più o men, vuoto o pien... questo il mondo fa girar». Ma evidentemente certi messaggi, per quanto veicolati da un media efficacissimo, al limite dell'ipnosi, faticano a passare, e quando alla relatività, alla trasformazione, al cambiamento che apre nuove prospettive se lo si accetta attivamente partecipando e condizionandolo, ci si trova davanti nella realtà, si balza inorriditi. Anzi il temine in gran voga oggi suona «indignati», individualmente, collettivamente, addirittura politicamente. Ci si indigna oltre misura, ad esempio, per la cosiddetta «cementificazione dell'Italia», generalizzando e gonfiando a dismisura casi di pessima trasformazione urbana, magari anche farciti di criminalità da aula di tribunale, e ricoprendone con una mentale «colata» (altro stilema classico dell'approccio indignato) l'intero territorio. E magari direttamente o indirettamente poi partecipando di questo scempio, come soggetti finanziatori, o utenti, e scordandosi di fatto tutti gli sfracelli immaginati prima, salvo riprendere la medesima prospettiva davanti alla denuncia della prossima «morte» sicura e certificata di qualcosa che stava impresso nella memoria.

Qualche anno fa, un approccio giornalistico e documentario ad alcune delle medesime trasformazioni, riassunto nel cosiddetto Atlante dei Classici Padani, provava se non a ribaltare almeno a correggere questa ipersensibilità part-time del popolo conservazionista-indignato ma poi sostanzialmente apatico e indifferente. Fondando una specie di propositiva nuova consapevolezza estetica, attraverso una sorta di catalogo ragionato dell'ex obbrobrio banalizzato dalla serialità, e soprattutto dalla quotidianità con cui finiamo per diventarne cittadini, metabolizzandolo esattamente come avvenuto per i paesaggi tradizionali. Il catalogo, probabilmente abbastanza noto anche al grande pubblico visto l'approccio mediatico giornalistico, comprende quella specie di non luoghi diffusi che vanno dagli arredi e insegne delle «strip» commerciali dei centri di provincia, a qualche rotatoria con strambo monumento deciso da sindaci megalomani, alle intramontabili villette pretenziose da geometra post-postalmarket. Il classici padani sono stati però, forse motivamente, accusati di fondare da un lato una sorta di sublime estetica dell'orrido, dall'altro di alimentare specularmente la medesima indignazione di cui sopra, pronta a diventare subito indifferenza o attiva partecipazione allo scempio.

Ben diverso il percorso, solo apparentemente analogo, con cui Angelo Antolino ci spedisce la serie di cartoline dal territorio in trasformazione che ha deciso di intitolare «Souvenir d'Italie», evocando più o meno consapevolmente a prima vista il medesimo sentimento di rimpianto e nostalgia per ciò che viene inesorabilmente cancellato. Errore veniale, perché le istantanee di grande qualità tecnica ed estetica qui non colgono affatto quello che altrove si chiamerebbe forse più laicamente «urban encroachment», ma la trasformazione nel suo farsi, immortalata nella forma del cantiere vivo. Dentro cui convivono, ben distinguibili e presenti, sia il passato che il presente che il futuro, tra cui sembrano risuonare serie e facete le note subacquee di Artù e Merlino «Per ogni qua c'è sempre un là ... per ogni se c'è sempre un ma ... per ogni su c'è sempre un giù ...per ogni men c'è sempre un più». E dentro quell'intrico di filari di alberi, muri tirati su a metà ed altri già rifiniti, sfondi di colline a viti e voragini per i box auto, balconi coi fiori che affacciano su un camion betoniera, in fondo possiamo vederci casa nostra. Ovvero quella porzione maneggevole della potenziale micidiale urbanizzazione del mondo che saremmo in grado di gestire, volendo, potendo, memori sin dall'infanzia che «Se metti buona volontà … il mondo tutto ti darà … Però se tu non rischierai... Nulla mai rosicherai». Non pare un modo stupido e masochista di pensare e rappresentare le trasformazioni in corso, e i loro possibili risultati.

Angelo Antolino, Souvenir d'Italie (album fotografico) 

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