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Giovedì, 28 Marzo 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Perché il pianeta non mangia le brioches?

La famosissima frase di Maria Antonietta davanti al popolo affamato in rivolta è da un paio di secoli oggetto di analisi, contestualizzazione, scomposizione da parte di più o meno raffinati interpreti, tutti accomunati dal medesimo tentativo: rimediare l’irrimediabile, ovvero spiegare in qualche modo che in fondo no, la viziata reginetta non abitava così stabilmente in un altro pianeta, in fondo intendeva dire che, anzi di sicuro non ha neppure detto letteralmente quelle parole … 

Il fatto è, però, che filologia antoniettiana a parte, la battuta riassume benissimo tutto quel mondo che la rivoluzione francese si apprestava a spazzar via con le spicce, provando a costruirne un altro, dove sarebbe stato almeno più difficile spararle tanto grosse. Beh, in prospettiva storica possiamo dire che il successo dei rivoluzionari è stato quantomeno parziale, visto che ce ne sono ancora parecchi, di personaggi intenti ingenuamente a replicare qualche variante su medesimo tema. La più recente l’hanno orgogliosamente annunciata tempo fa gli alti responsabili di Expo 2015, quando bocciando con un certo disprezzo il progetto originario di un sito di orti e serre, spiegavano in pratica che il pianeta per nutrirsi deve andare al supermercato, o al ristorante regionale. Siamo decisamente ancora dalle parti delle brioches, no?

E se qualche filologo dei nostri tempi provasse a ripetere quel tipo di analisi e contestualizzazione già provato con la sparata di Maria Antonietta, gli si potrebbe rispondere subito che non solo stavolta c’è tutto un mondo riassunto da quello svarione, ma si tratta proprio del mondo costruito coerentemente attorno a quell’idea, che evidentemente animava tutto il progetto culturale, espositivo, e in sostanza di sviluppo mondiale. C’è da farsi persino venire qualche brivido: il cortigiano-tecnico che spiega «madame, il pianeta ha fame» e la reginetta-decisore dei nostri tempi a rispondere «beh, che vada in trattoria, si mangia benissimo».

Così nasce quella specie di stravagante bestia bicefala che è Expo 2015: da un lato il parco a tema delle giostre della ristorazione, con le stravaganti forme architettoniche dei padiglioni, dall’altro qualche riflessione seria in più su agricoltura, ambiente, nutrizione. Le due cose marciano parallele, dentro lo stesso contenitore, dentro le medesime linee di finanziamento e decisione, ma potrebbe anche non essere così, in fondo. E l’ultima surreale vicenda, riguardante i parcheggi, sembra allargare ancora di più il fosso tra i contadini che guardano il loro campo e l’oste intento a preparare la tavola in trattoria.

Accade che quanti pensavano all’evento come a qualcosa di comunque fortemente legato all’ambiente, ne abbiano fatta qualcuna giusta e azzeccata in materia di trasporti. Ovvero che metropolitane e altri mezzi pubblici vadano a gonfie vele: tutto bene, tutti soddisfatti? Macché, ci sono quelli che avevano brigato per ottenere ad ogni costo bretelle stradali e decine di ettari asfaltati (inopinatamente sottratti all’agricoltura planetaria, potremmo dire), e farci enormi parcheggi. Adesso quei parcheggi sono deserti perché la gente prende virtuosamente i mezzi pubblici, e loro piangono miseria, invece di riconoscere la sciocchezza dell’idea balorda. Piangono miseria con una assai comprensiva reginetta, la quale ha messo in campo il suo potere, in pratica, per obbligare il popolo a andare in macchina a sito espositivo: chi va in auto ha in regalo (sic) il biglietto di ingresso. E stupidi quanti hanno preso la metropolitana, insomma. Non è peggio, di un paio di secoli fa? Adesso i poteri costituiti sembrano dire: «ma perché non mangiate le brioches, pezzi di cretini?». Al danno, la beffa. Per usare una metafora coerentemente agricola, verrebbe voglia di tirar fuori virtualmente i forconi.

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