rotate-mobile
Giovedì, 28 Marzo 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Qualità dell'urbanizzazione

Quando vari organi di monitoraggio e controllo internazionale parlano di «urbanizzazione del pianeta» si riferiscono certamente a qualcosa di molto complesso. L'urbanizzazione demografico-statistica per esempio, che riguarda la densità insediativa di individui famiglie attività sui territori, o quella fisico-materiale dei modi di consumo e organizzazione del suolo, e che a volte non si collega neppure così linearmente con l'altra. A qualcuno insomma potrà anche sembrare contro-intuitivo, ma non esiste alcun rapporto univoco tra ciò che viene sbrigativamente liquidato come «cementificazione» e tutti gli altri aspetti del passaggio tra superfici naturali/agricole tradizionali e insediamento urbano qualsivoglia. C'è urbanizzazione e urbanizzazione: quella che potremmo chiamare di qualità e quella casuale che senza trarre alcun vantaggio proporzionato dall'ambiente su cui comunque si insedia e sovrappone provoca impatti, inquinamenti, effetti sociali sostanzialmente inutili. Nelle nostre città spesso la periferia, o zona di espansione, o fascia suburbana che dir si voglia, offre un ottimo/pessimo esempio di questo genere di urbanizzazioni: aree in cui o l'assenza di adeguata programmazione, o il verificarsi di patologiche discontinuità nello sviluppo, hanno sostituito alla forma tessuto urbano quella del patchwork.

Commentando su queste pagine alcuni mesi fa l'incendio colpevole della Torre dei Moro a Milano [Cfr. La Torre dei Moro e la prua che fende i flutti immobiliari Today 6 settembre 2021si provava a contestualizzarne la cattiva qualità edilizia, causa immediata del disastro, dentro la pessima qualità dell'urbanizzazione di tutto il settore a cui fungeva da «prua» simbolica. Si tratta di una sorta di raggio di stella di espansione periferica intervallata da cunei di verde e arterie di penetrazione, ma la corrispondenza nominale a un modello del tutto accettabile non corrisponde affatto alla realtà. Accade infatti che l'intero grande triangolo (la base un arco di circonvallazione esterna e i due lati convergenti nel vertice due strade diverse ma entrambe di forte traffico) dopo essere stato definito dalle infrastrutture perimetrali sia stato in sostanza lasciato del tutto a sé stesso. Un operatore acquisiva e trasformava un tratto di terreno ex agricolo mettendoci case, uffici, verde e parcheggi standard, un altro faceva qualcosa di analogo alcune centinaia di metri più a nord, a sud, a est o a ovest, ma in pratica nonostante si fosse in pieno ambiente urbano l'insediamento avveniva «a rimpiattino» come si dice dell'espansione nucleare scoordinata suburbana, senza collegamenti e a costituire baccelli non comunicanti neppure attraverso gli spazi collettivi verdi o i percorsi di mobilità locale. A peggiorare il tutto alcuni grandi interventi speculativi lasciati a metà con edifici non terminati e strade a fondo cieco per decenni, a fungere da ulteriore barriera e temuta zona di degrado e insicurezza a causa delle continue occupazioni abusive.

Finalmente la pubblica amministrazione ha come si suol dire preso il toro per le corna e tramite accordi con un privato avviato il completamento di quei massicci incombenti edifici vuoti. Sono immediatamente fioccate le critiche perché le case economiche in vendita o affitto a prezzi convenzionati non corrisponderebbero alla domanda di tante fasce di reddito che continuano ad essere escluse sia dal mercato, sia dall'offerta col contagocce delle case sociali o popolari. Critiche certamente legittime, ma forse l'operazione in sé andrebbe valutata anche socialmente nel suo insieme: ai margini estremi della città compatta, là dove si erano a suo tempo concentrate le mire più speculative e degradanti dei grandi operatori di area vasta, là dove le basi infrastrutturali dell'urbanizzazione automobilistica classica sembravano spingere comunque inesorabilmente per un modello anche inaccessibile ai più per ragioni più fisiche che economiche, oggi l'apertura di un intero fronte stradale costituisce una vera e propria frontiera interna di riqualificazione dei tessuti esistenti. Cortili e giardini a fondo cieco improvvisamente si spalancano a sbocchi su nuovi marciapiedi o altri spazi pubblici a costituire rete continua, tracciati di ex poderali o nuove strade minori di piano regolatore rimasti «virtuali» per decenni ricominciano a fare il proprio mestiere di collegamento pompando attività presenza vigilanza e vita dove prima non c'era quasi nulla. È già moltissimo e fa qualità dell'urbanizzazione, contenendo anche indirettamente quei consumi di suolo indotti da chi invece di abitare quei luoghi recuperati se ne sarebbe scappato chissà dove fuori città.

La Città Conquistatrice – Periferie

Si parla di

Qualità dell'urbanizzazione

Today è in caricamento