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Sabato, 20 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Salute e Territorio nella Fioritura delle Primule

Inoltrata da una conoscente medico a cui avevo chiesto lumi su alcuni aspetti organizzativi ancora poco chiari, mi capita sotto il naso una informativa del Ministero della Salute datata all'inizio dello scorso dicembre dal titolo decisamente impegnativo: Piano Strategico – Elementi di Preparazione alla Strategia Vaccinale. Di cui scorro le lunghe dettagliate e anche molto interessanti descrizioni scientifico tecniche e gli obiettivi sociali generali, scoprendo per esempio che a differenza di altre forme di vaccinazione non si inietta affatto nell'organismo umano una dose minima dell'infezione stessa ma lo stimolo a sviluppare una reazione ad essa. O che tutta la procedura di ricerca sperimentazione e validazione dei risultati prima dell'immissione in commercio è stata incredibilmente compressa nel tempo senza saltare nessuna delle fasi preliminari che interessando di solito tutti i farmaci e vaccini, solo allargando molto il campo dei volontari a fare da cavia e sciogliendo alcuni nodi organizzativi burocratici, magari utilmente anche per operazioni più correnti future. Non trovo però in questo piano strategico alcun riferimento diretto a ciò che stavo in realtà cercando, ovvero la dimensione sociale-territoriale.

La quale dimensione, precisiamolo, non è un pallino mio pignolo per ragioni formative e personali di ricerca, una «cosa da urbanisti» in altre parole, ma un pilastro fondamentale di qualunque politica degna di tale nome. Specificamente, è dall'inizio di questa pandemia che tutto ruota esattamente al fattore spazio-territorio, su cui si proietta ogni mappa delle fasce differenziate di regole, contagi, decessi, politiche varie di prevenzione e cura. Basta ricordare, proprio per scendere addirittura nel dettaglio, le salutari polemiche dei medici e altri operatori contro le recenti tendenze alla concentrazione sanitaria in pochi «poli di eccellenza» ospedalieri, spesso privati e strutturati su prestazioni di punta, contro una salute di territorio più coordinata ai quartieri al resto del welfare e fatta di servizi locali generalisti. Ma inutile: nella Strategia Vaccinale non trovo nessun riferimento diretto a tutto questo, salvo là dove alla voce Logistica (che immediatamente e forzosamente evoca lo spazio fisico) mi si dice che tutto dipenderà dalla sequenza con cui si renderanno disponibili i vari tipi di vaccino, ciascuno con una propria logica anche distributiva a condizionare il tutto.

Cioè se per esempio come accade con le prime dosi disponibili si deve fare riferimento a strutture tecniche di refrigerazione e deposito rare, anche la «strategia vaccinale» sarà forse forzosamente gestita in grandi pochi poli molto decentrati per ragioni di spazio, difficilmente accessibili, in sostanza semi-militarizzati. Mentre se invece arriveranno in quantità vaccini di più facile gestione si rende possibile una specie di sanità territoriale urbana magari addirittura decisa per quartieri e senza particolari vincoli tecnici e professionali. Però di tutto questo, che sarebbe fondamentale, nel documento non c'è traccia: l'intera nazione spazio-sociale ridotta a una corsia di ospedale dove tutto, compresa la disposizione dei letti e il colore dei pigiami, è deciso da una parzialissima competenza sola. Lasciando i cosiddetti «dettagli» che dettagli non sono affatto a qualche tirapiedi che magari si occuperà anche di coprire misericordiosamente le magagne di un approccio tanto a-scientificamente strampalato. Come si fa di solito dicendo che «è una cosa da architetti», e si intende qualcuno fa il progetto poi ci penseranno gli esteti ad addobbarlo di qualche tendina pudica o rampicante decorativo. Stavolta con degli eleganti gazebo a forma di Primula che non lasciano evidentemente molto perplessi solo gli altri produttori di gazebo o designers di logo pubblicitari.

La Città Conquistatrice Salute

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