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Giovedì, 25 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

La guerriglia urbana che nutre il pianeta

Dopo gli scontri al corteo No Expo del Primo Maggio a Milano, fra i commenti più ovvi all’operato del cosiddetto "blocco nero" c’è stato quello di aver totalmente distolto l’attenzione dei media, dai temi centrali dell’evento verso dissertazioni socio-psicologiche varie sui motivi della violenza come pratica politica, e soprattutto sui veri contenuti dell’opposizione radicale a Expo. In effetti osservato da fuori, il solo fatto che una tanto massiccia quantità di personaggi arrivati lì solo per spaccare tutto fosse ben inserita nel mezzo del corteo,  un pochino tende, a mettere in secondo o terzo piano gli aspetti propositivi del movimento, che pure esistono e sono tutt’altro che trascurabili. 

Forse una delle vie di scampo da queste forme post-adolescenziali quanto micidiali di guerriglia urbana, la si può trovare proprio nel Manuale di Guerriglia Urbana elaborato nel tumultuoso Sud America dei lontani anni ’60, là dove recita:

Avere il territorio come alleato vuol dire saper usare con intelligenza le sue irregolarità, i suoi punti alti e bassi, le sue curve, i suoi passaggi fissi e segreti, le zone abbandonate.

Uno degli aspetti salienti del territorio metropolitano, in questo nostro terzo millennio, è però quello virtuale, il mescolarsi di spazio percezione e reti che tecnicamente si chiama "smart city", ma che difficilmente si riesce ancora ad abitare con la medesima disinvoltura del contesto fisico tradizionale.

Se vogliamo dare una interpretazione positiva delle devastazioni parallele alla Mayday No Expo Parade, è che in fondo da parte dei movimenti antagonisti si è cercato di imboccare proprio questo percorso: da un lato una certa ancora tentennante separazione fra le pratiche comunicative del corteo e quelle puramente militari del blocco nero, dall’altro la complementare continuità fra queste prime e altre, copiosamente elargite e non da oggi sullo spazio urbano. 

Occorre forse tornare un pochino indietro nel tempo, per trovarne una che abbia saputo platealmente bucare lo schermo oltre la pura cronaca locale, e si tratta dell’occupazione della cosiddetta Torre Galfa, nel centro terziario di Milano, contemporanea al grattacielo Pirelli e di fianco al quartiere Porta Nuova, da parte di un gruppo giovanile chiamato Macao. Quell’occupazione, lontana diversi anni luce da quelle classiche dei centri sociali, interessava parecchi piani di lettura, ben oltre quelli del pur altissimo edificio firmato da un antenato degli archistar. 

Il gruppo giovanile-culturale, in pieno stile neo-avanguardia, non solo denunciava lo squilibrio fra spazi per le attività innovative e superfici dismesse, indotto dalla più squallida speculazione immobiliare, ma indirettamente già toccava i temi centrali di (No) Expo 2015: spreco di suolo agricolo per attività urbane legate solo alla finanza, e corrispondente degrado pilotato della città centrale, dove crescevano nuovi grattacieli firmati accanto a quello tenuto artificialmente vuoto e in rovina per decenni. Ma si tratta solo di uno dei tantissimi casi, di neo-guerriglia territoriale e mediatica con mezzi inusitati.

Il modello più universalmente noto di queste pratiche è quello del cosiddetto "guerrilla gardening" ovvero piantumazione formalmente illegale e abusiva di spazi occupati per l’occasione, una specie di parchi temporanei autogestiti che possono prendere via viale forme di giardinetti nelle aiuole spartitraffico, parchi al posto di parcheggi, orti urbani nelle superfici dismesse, e che spesso sfociano anche in operazioni complesse come quelle (poi sostenute anche da accordi con le pubbliche amministrazioni più illuminate) delle fattorie verticali tecnologiche del movimento Growing Power, dove all’agricoltura urbana si uniscono indissolubilmente valori sociali di sostenibilità ed equità. 

Ognuno di noi potrebbe poi facilmente elencare tante forme più o meno vistose di queste pratiche microsovversive, che in fondo ritessono a modo loro l’antica equazione secondo cui il personale può diventare politico, se adeguatamente cucinato. Il territorio, in questo senso, è un’ottima materia prima e ingrediente, ma per diventare davvero guerriglia virtuale del terzo millennio, agli ingredienti manca ancora almeno il sale della mediaticità. I ragazzi di Macao con l’occupazione del grattacielo griffato in rovina l’avevano colta, e ci auguriamo che anche il movimento No Expo sappia dare agli autentici temi dell’evento, a parere di molti traditi da certa gestione, la risonanza che si meritano.

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