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Venerdì, 19 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Sicurezza, qualità e metri cubi

A Milano c’è in corso la per molti versi terrificante Settimana della Moda. Terrificante più che altro per via dell’invasione aliena suburbana, che moltiplica in quantità e qualità quella pendolare a cui la città ha fatto un po’ il callo, e per cui non ha però anticorpi a sufficienza. Del resto sarebbe impossibile per chiunque reggere l’assalto all’arma bianca di schiamazzanti «professionisti dell’immagine» col loro codazzo di limousine stile Brianza californiana, furgoncini stile Valli Bergamasche vintage, bellezze multisex dall’aura più ingombrante di un autobus, e che richiedono spazio di manovra proporzionato. Forse è stata la voglia di raccontare qualcosa di meno intruppato nel solito linguaggio da articolo redazionale pubblicitario travestito da cronaca, ad aver spinto un giornalista nella vecchia zona industriale aeronautica di Taliedo, assistendo a una scena davvero parecchio controcorrente: quelli della moda che invece di saltare sull’ennesima limousine, mezza incastrata in qualche vicolo del centro storico, salgono sul tram in estrema periferia, verso la Tangenziale Est.

Visi piacevolmente stupiti, quelli dei non moltissimi viaggiatori abituali della tarda sera, allo spettacolo dei tacchi alti, vestiti super firmati, eloquio cosmopolita un po’ leggerino ma simpatico, che gettava un po’ di luce e allegria nell'atmosfera a dir poco mesta di quell’infinito rettifilo di rotaie tra i capannoni. Quel tram pieno di gente che aveva scelto di salirci, pur non essendo affatto obbligata, iniziava a dare l’idea di cosa potrebbe essere e non è (ancora), la mitica periferia, se solo si smettesse di pensare alla «riqualificazione» con lo sguardo fisso a muri, cordoli, aiuole, panchine, insomma a pensare tutti come ci hanno insegnato gli architetti. Pareva già «riqualificato» da solo il posto, semplicemente facendo salire sul tram qualche allegro elegantone.

Certo, prima di salire sul mezzo di vuole qualche motivo per andare e venire da un posto, cioè le cose che succedono in quel posto, e anche i contenitori dentro cui le cose avvengono. In altri termini la riqualificazione degli architetti ha senso, parecchio soprattutto se piove o fa freddo, ma funziona secondo un criterio esattamente opposto a quello che comunemente ci viene venduto: non sono quegli spazi, quegli edifici, quei pieni e vuoti, quegli alternarsi di ambienti, a determinare la società e le sue dinamiche, ma ad esse si adeguano, più o meno efficacemente. Ergo, se vogliamo «riqualificare le Periferie» iniziamo a portarci qualcosa di qualificato, a partire dalla gente, dalle aspirazioni, dai comportamenti. Il resto, tutto il costosissimo resto, gli si attaccherà addosso, prima il tram pieno, poi la gente che sale e scende e chiacchiera, poi si accende una luce, ed è subito città. Così funzionano le cose nel mondo, fuori dalle riviste di architettura.

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