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Giovedì, 21 Settembre 2023
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Spazio pubblico spazio privato eterno dilemma

Tutto parte dall'orgoglio di un esponente politico per il gabinetto chimico appena installato a ridosso di una rete di recinzione degli orti di quartiere. Niente di che ovviamente: il solito scatolotto di plastica con l'aria pencolante anche se sta dritto, color allegramente triste che già da nuovo suggerisce le tonalità sbiadite del futuro prossimo, messo accanto a una ricrescita di qualche rampicante che accenna a risalire verso il tetto nel tentativo di migliorare l'immagine di insieme. Lo sa benissimo anche chi si era lanciato a decantarlo, quel bagno chimico, che effettivamente non è gran che come spettacolo e concetto, e infatti subito si premura di precisarlo: non sarà un panorama da tutela del paesaggio ma sancisce la natura pubblica collettiva urbana di quello spazio a orti là dove prima c'erano solo degrado abbandono tenebre e e stridore di denti (com avrebbe scritto un evangelista). Aggiunge però: va benissimo quel bagno chimico bruttino anche perché qui non siamo certo in una piazza che merita di meglio magari quelle toilette high-tech che spuntano eleganti in tante città di rango del mondo! Inconsapevolmente il nostro esponente politico si sta ponendo tra sé e sé il medesimo dilemma che in fondo attanaglia tanti altri: quegli orti sono una versione per quanto modificata di una piazza, di uno spazio pubblico, o ne sono invece una obliterazione lottizzata in piccoli recinti privati non dissimili dalle villette con giardino dello sprawl suburbano sovrapposto alle ex campagne?

Non molti anni fa quando ancora imperversavano dissertazioni di alto profilo sociologico sugli impatti della tecnologia driverless car (poi rientrate perché spaventavano gli investitori) una importante associazione di interessi urbani immobiliari se ne usciva con un breve ma denso rapporto sul «Problema dell'alloggio economico» affrontato in termini molto pratici e un po' nella scia filosofico-strutturale dello storico «La questione delle abitazioni» di Friedrich Engels. Ovvero partendo da un enorme presupposto che cambiava totalmente le carte in tavola: l'improvvisa creazione dal nulla di una risorsa prima impensabile ma essenziale nel cocktail costituente l'alloggio urbano e i suoi costi individuali e collettivi: terreno fabbricabile gratuito in quantità assolutamente sterminate. Fantascienza da leggere sul tram? Niente affatto secondo i nostri costruttori-immobiliaristi: solo il portato logico della introduzione delle auto senza pilota. Che cancellando sia l'idea del veicolo in proprietà (quindi riducendo enormemente le quantità di veicoli in circolazione) sia il rapporto attuale tra tempo trascorso ferma o in movimento, eliminavano virtualmente quasi tutti gli standard a parcheggio. Sostituiti da qualche esigua manciata di superfici tecniche a sosta-manutenzione-ricarica. Su quegli ex parcheggi si poteva «risolvere il problema della casa» azzerando i costi del terreno, dato che prima non esisteva e bastava per convenzione non attribuirgliene. Ma anche qui c'era pur sempre il rompicapo filosofico analogo a quello degli orti collettivi col bagno chimico: è lecito convertire così allegramente uno spazio pubblico o potenzialmente tale a uso privato senza commettere una eresia politica fingendo di essere progressisti?

L'ultimo esempio che voglio fare è quello del recente concorso di architettura per il riuso di un ex svincolo automobilistico a scopi urbani, ambientali, trasportistici. Dato che appunto è stata data grande pubblicità agli aspetti edilizi (che rappresentano al tempo stesso sia la trasformazione più visibile che il carburante finanziario dell'operazione complessiva) le anche aspre polemiche sollevate sia nell'opinione pubblica che nel campo professionale specializzato si sono focalizzate proprio su quell'aspetto collaterale anziché sulla questione chiave automobilistico-ambientale. Ma in fondo forse è stata una fortuna, perché qualche osservatore alla ricerca di difetti da stigmatizzare ha colto esattamente il punto: come le sterpaglie riconvertite a orti col bagno chimico, come i parcheggi diventati improvvisamente terreno fabbricabile gratuito, anche lo svincolo di traffico che diventa piazza pedonale lo fa in cambio di una cessione di sovranità. Prima pur usando prevalentemente il veicolo privato là dentro si scorrazzava a piacimento, una volta risistemata l'offerta commerciale e degli arredi, si gira solo in alcuni ambiti, anche se magari più gradevolmente. E come nei due casi precedenti il giudizio si può esprimere secondo il metodo: quanto ci abbiamo perso da un lato e quanto ci abbiamo guadagnato dall'altro?

La Città Conquistatrice – Spazio Pubblico

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