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Venerdì, 29 Marzo 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

La città sempliciona dell'imbianchino urbanista

Dopo mesi, forse anni, di esperienza diretta, credo di aver capito che l'interazione social della politica a quanto pare non è affatto tale: viaggia in una direzione comunicativa sola e quando rimbalza, le pochissime volte che ciò avviene, lo fa in autodifesa aggressiva. Ovvero, la bacheca del politico ad ogni livello non è luogo di discussione, ma la replica di uno di quei dibattiti o tavole rotonde da cui si esce solo vincitori o sconfitti, con buona pace dell'argomento e di quanto se ne sa a proposito. Ma con una automatica speranza che è evidentemente proprio l'ultima a morire, mi capita spesso di persistere diabolicamente nell'errore, e su quelle bacheche ci scrivo, cose argomentate, col punto di domanda o no, insomma provo a interagire io se non lo fanno gli altri. Ricevendo in genere piccate «repliche» che in realtà non sono tali, visto che vengo trattato vuoi come aggressore pregiudiziale all'arma bianca (dal profilo e dai suoi fans seguaci), vuoi come nuovo alleato e sodale (dagli aggressori pregiudiziali veri e quasi dichiarati).

Rarissime le risposte degne di questo nome, e per questo l'ultima apparentemente banale deve avermi colpito così tanto. Veniva da una nuova figura professionale giovanile qualificata, prodotta dalla sempre spumeggiante metropoli postmoderna: l'imbianchino urbanista. E diceva scientificamente, secondo lui molto cortesemente ma fermamente: taci vecchio scemo che io ci ho la laurea e mica parlo a vanvera di strane cose incomprensibili come te! Come si dice a Milano, visto che su Milano verteva il dibattito, CIÀPA E PORTA A CÀ. Oggetto del piccolo sgradevole scambio, era l'ennesimo progetto sedicente di urbanistica partecipata tattica sullo spazio pubblico, stavolta nel bel mezzo di una Neighborhood Unit all'italiana del secondo '900, dove purtroppo come quasi sempre succede le auto avevano preso il sopravvento, azzerando la funzione di una piccola piazza centrale alla sola sosta abusiva. La mia domanda di metodo, all'imbianchino urbanista, verteva sostanzialmente sui presupposti di quel progetto fisico (consistente come sempre nel marcare il territorio con dei segni espliciti di «riconquista al cittadino»): si erano per esempio considerate le dinamiche di traffico, sosta, percezione e uso dei luoghi? Si era pensato che magari la funzione a parcheggio caratterizzava anche il viavai, diurno e notturno, e quindi la sorveglianza spontanea? Tutto qui: il vicinato chiuso e «introverso» in principio era pensato come una sorta di cortile, e il fatto che ai pedoni fossero subentrati gli automobilisti forse doveva essere considerato anche in quella prospettiva. Chiedevo.

Ma la risposta era in sostanza: le auto sono il male, i pedoni sono il bene, e il nostro progetto distingue il bene dal male, verniciandolo per terra. L'imbianchino urbanista, come quei suoi antenati architetti degli anni '50, disegnava al suolo regole (gli antenati appiccicavano dei retini su un lucido, lui lavora direttamente sul territorio) fissate schematicamente a priori, per trasformazioni urbane buone a prescindere, la cui domanda sociale era ovvia. E, per inciso, si direbbe giustamente: così come le Unità di Vicinato si erano subito riempite degli inquilini in lista d'attesa per le case economiche, allo stesso modo appena asciugata l'imbiancatura della «piazza liberata» bambini e adulti ci sono entrati a scorazzare, più o meno come successo con altri casi simili. Ma resta mi pare aperta la questione di fondo: stiamo facendo urbanistica, oppure esercitandoci in progetti di arredo urbano? Cioè cerchiamo una idea di città avanzata, condivisa, sulla base di una domanda sociale, e magari storica di assetti spaziali diversi, oppure ci comportiamo come generazioni di pur benintenzionati architetti novecenteschi, del tipo che ha invaso il mondo con ciò che oggi chiamiamo sprezzanti «alveari modernisti», e il corredo di standard automobilistici, degrado conseguente, fuga verso il suburbio delle villette, altro degrado territoriale …? Questo chiedevo, all'allegro imbianchino che, ho scoperto sbirciando il suo profilo per curiosità, si lustra del titolo di Planning Advisor e spiega al popolo plaudente le strategie pubbliche di piazze restituite.

La Città Conquistatrice – Spazio Pubblico 

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