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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Città conquistatrice

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A cura di Fabrizio Bottini

Targa e assicurazione obbligatoria per chi esce con l'ombrello

Qualcuno evoca l'epoca non lontanissima in cui un Ministro italiano (poi passato alla storia solo per quello) riusciva a imporre agli automobilisti le ai produttori di veicoli l'installazione delle cinture di sicurezza. Salvando tante vite e gravi ferite e menomazioni negli incidenti anche senza negare il favore al mercato degli accessori. Ma tutto il parlare che sta riprendendo sulla imminente imposizione di obblighi restrittivi per la sicurezza di chi va in bicicletta sembra davvero riguardare un'altra dimensione. Perché l'immatricolare con una targa, coprire con una assicurazione, dotare di dispositivi vari obbligatori di protezione del mezzo e del conducente, se si tratta di una cosa che si muove a pedali, non riguarda affatto un veicolo e i criteri dovrebbero essere molto diversi. Diversi tecnicamente diversi politicamente. E in realtà più che alle cinture di sicurezza le nuove misure fanno ripensare ai negozi gestiti dagli immigrati che alcuni anni fa vennero sottoposti a un regime di controlli particolarmente stringente per ragioni che nulla avevano a che vedere con quelle ufficiali. Semplicemente, si voleva scoraggiare un comparto commerciale avvertito come fastidioso da qualcuno. Anche le biciclette danno fastidio. A chi? La risposta è abbastanza facile, basta girare in bicicletta per capirlo.

Partiamo dal fatto essenziale e tecnicamente riconosciuto secondo cui la bicicletta non sia affatto un veicolo ma una specie di piccola protesi con cui l'essere umano si aiuta in alcuni spostamenti di medio raggio. È certo che l'idea stessa di spostamento, che a volte anzi la maggior parte delle volte avviene lungo le medesime infrastrutture e percorsi dei veicoli veri e propri, finisce per assimilare gioco forza il ciclista a un automobilista o a un camionista. Ma facciamo il ragionamento opposto speculare e pensiamo al concetto di abitacolo allargato per esempio in un camper o assimilabili, o al fatto stesso che la maggior parte dei veicoli a motore passi dal 90% in su della proprio vita in strada saldamente installata da ferma su una piazzola di sosta: dovremmo per questo assimilarli agli immobili e applicarci per sicurezza correttezza e coerenza le medesime regole? Sino all'autorizzazione paesaggistica per sistemare un chiosco di pizzette e bibite sul litorale, al rogito notarile per comprare l'utilitaria d'occasione al pupo neopatentato, al vibrante intervento delle Belle Arti contro la rottamazione di cotanto monumento alla coscienza storica collettiva.

Lo stesso vale appunto quando si comincia a pensare di bardare chiunque guardando il cielo decide di andare a fare la spesa all'ipermercato in bicicletta anziché in auto di: targa, assicurazione, casco, frecce lampeggianti omologate, fanaleria completa pure omologata con sistema di alimentazione di sicurezza, sistema frenante progressivo antisdrucciolo a regolazione elettronica … Tutto naturalmente (come ben sappiamo) acquistato e pagato profumatamente a parte rispetto al basico del pezzo di ferro a due ruote che oggi di norma viene proposto senza neppure le lucette di posizione a pila o i parafanghi o il portapacchi. Certo gli utenti abituali ci pensano spesso da soli ad aggiungere certi indispensabili accessori (prima di tutto l'illuminazione notturna di visibilità) non di serie, che in realtà dovrebbero essere forniti automaticamente dal mercato come le ruote o i pedali. Ma è l'introduzione burocratica obbligatoria e totalmente a carico dell'utente ad essere evidentemente strumentale. E scoraggiante. A quasi nessuno piace arrivare a destinazione fradicio se piove, o rischiare di essere insultato in strada non per quello che sta facendo ma per quello che è. Così ci saranno più automobilisti e meno ciclisti. Ovviamente più autostrade, più svincoli, più appalti. Basta usare gli squallidi trucchetti della sicurezza come al solito.

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