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Giovedì, 28 Marzo 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Tattiche elettorali urbane

A Milano ci sono tre piccole piazze, poco più che slarghi, molto diverse tra di loro anche se questa diversità va probabilmente molto oltre la forma fisica la localizzazione nella città e il tipo di quartiere. La prima fa parte di un sistema di «parco lineare» ottocentesco del tipo che avrebbe dovuto ripetersi più spesso ma purtroppo ha avuto per vari motivi due sole realizzazioni. La piazzetta in questione occupa una estremità del parco lineare, all'altra estremità un'altra analoga piazzetta è stata pedonalizzata e riqualificata, mentre questa per ora vede solo qualche intervento di «Urbanistica Tattica» con le abituali panchine, fioriere, e le forme colorate a terra che iniziano a sbiadire senza che si vedano altre azioni meno effimere. La seconda piazza che ci interessa condivide con questa prima sia l'intervento tattico coi disegni a terra e piccoli arredi, e una funzione storica, davanti alla chiesa nel nucleo tradizionale di uno dei borghi ex rurali annessi alla città nel 1923, per svilupparsi poi come quartiere di periferia.

Prima che i disegni colorati a terra sbiadissero e le fioriere finissero sfasciate da qualche furgone delle consegne in manovra, sono comunque iniziati i lavori «strategici» di trasformazione permanente con un nuovo assetto spaziale definito, pedonale, verde, a recuperarne il ruolo di luogo comunitario e di relazioni tradizionali. La terza e ultima piazza è un caso emerso molto di recente, e ha in comune con la seconda il trovarsi al centro di uno di quei borghi aggregati nel 1923, pur senza particolari qualità storiche essendo circondata da edifici nuovi di poca rilevanza. Lì l'intervento è consistito nel verniciare a terra delle piazzole di sosta e nella posa di cartelli. Tutto lì, finito, definitivo, non c'è altro salvo la promessa di controllare che non si parcheggi a caso dove capita. Ma ce ne è un'altra di particolarità, ed è chi ha preso questa decisione apparentemente senza nulla di particolare: lo stesso assessore che partecipava molto attivamente alla politica delle piazze tattiche da delegato a trasporti e mobilità, collaborando strettamente con quello all'urbanistica. Certo nella nuova composizione del governo cittadino oggi l'assessore non ha più a stessa delega, ma pare davvero curioso che una intera stagione di lavoro sulla riqualificazione dello spazio pubblico (e proprio con finalità identiche di regolare l'invadenza degradante dei veicoli privati di passaggio e in sosta) sia dimenticata, tra l'altro rovesciando tutta responsabilità sul controllo dei vigili urbani che gli sono affidati ora. Ma proviamo a guardare la faccenda da un'altra angolazione.

Facciamolo percorrendo a ritroso il breve elenco delle piazze citate, e notiamo che se la seconda nel quartiere di espansione novecentesca vede l'intervento «Tattico» da manuale gestito dalla coppia dei due assessori coordinati a urbanistica e viabilità-trasporti, nella prima piazza del sistema lineare verde ottocentesco semicentrale, quasi non si è usato quel termine urbanistica tattica, anche se questioni e modalità di intervento parevano identiche. Forse c'entra qualcosa, il fatto che la spinta principale al rifacimento (per ora solo leggero ed effimero) dello slargo non venga dal Comune ma dal Municipio decentrato? E quindi il ritorno di immagine e consenso era solo indiretto, di sponda, dentro una logica collaborativa di buon governo sì, ma nulla di eclatante se si leggono queste politiche proprio nell'accezione politico-elettorale. Il rifacimento definitivo della piazza n. 2 coi cantieri aperti discenderebbe proprio da lì: mantenimento di una promessa molto spesa e personale. E nel caso della piazza n. 3 dove pare ci si siano dimenticate di colpo tutte le cose dette sul tema di «governo dello spazio per governare la città» mettendo giusto un paio di cartelli e rivendicandoli a brutto muso? Forse è anche quella una ottima «Piazza Tattica»: salvo che l'unica tattica mai esistita è quella della visibilità e ricerca di consenso di gruppi e categorie di elettori, che a quanto pare illumina decisamente troppo la via di chi prende le decisioni. Forma della città, efficienza, giustizia, qualità abitativa e ambientale, da quello dipendono, in percentuali da capogiro. Così almeno si direbbe e io proporrei come prospettiva critica di osservazione.

Riferimenti: Sul medesimo tema si veda in questo stesso blog:

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