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Venerdì, 19 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Terremoto è senso dell'eterno

Come ci ricordiamo probabilmente tutti, qualche tempo fa nel nostro paese ci fu una specie di scontro mediatico-giudiziario fra un gruppo di qualificati scienziati e una parte dell'opinione pubblica, a proposito dell'avviso tempestivo alle popolazioni interessate, del rischio di evento sismico catastrofico. Avviso che, si polemizzava, non era stato dato con sufficiente efficacia, giudicando molto discrezionalmente che l'eventuale panico avrebbe fatto forse più danni del terremoto. La chiave di volta di tutta la polemica, per farla molto ma molto semplice, suonava più o meno: «i terremoti non si possono prevedere». 

Affermazione forse inattaccabile dal punto di vista scientifico, e infatti tutta quella polemica poi andò scemando in quanto tale, ma invece falsa e tendenziosa se la guardiamo da un altro punto di vista: i terremoti non sono si possono prevedere, ma non sono neppure una probabilità, sono una matematica certezza. Quello che certo non si può prevedere è l'istante esatto in cui si verificheranno, ma dal punto di vista della prevenzione si può operare di sicuro tenendo conto di questa certezza, ovvero coordinando in qualche modo le nostre brevi vite umane e sociali e territoriali, col lento profondo respiro della Terra. Perché gira e rigira, con quello si deve per forma convivere, e non possiamo certo cambiarlo a piacimento.

Alcuni anni fa, quando uno spaventoso uragano colpì la città di New York, il mondo tirò un sospiro di sollievo per lo «scampato pericolo», dato che a fronte di una potenziale strage e disastro urbano senza ritorno (di quello si trattava, e c'era anche il precedente di New Orleans a fare da traccia) si era invece al massimo interrotto per qualche giorno il ritmo frenetico della metropoli, chiudendo la metropolitana e rallentando il lavoro degli uffici, ma nulla in confronto ai morti e sconvolgimenti dell'hinterland colpito dalla medesima tempesta. 

Tutto questo perché l'amministrazione del sindaco Bloomberg si era mossa in tempo, attuando tutte le misure organizzative del caso: chiusi infrastrutture e nodi a rischio, allertato squadre di pronto intervento, predisposti bypass alternativi temporanei vari in caso di collassi locali delle reti. Il tutto naturalmente a fronte di un sistema edilizio e infrastrutturale già progettato e realizzato per resistere a quel tipo di «anomalia naturale» periodica che sono gli uragani oceanici, rari ma del tutto fisiologici, con o senza cambiamento climatico. Però, come si capisce anche intuitivamente, se un uragano si limita a sconvolgere l'aria, un'alluvione pur catastrofica a smuovere le acque, un terremoto è un'altra storia: lì cambia davvero di colpo l'universo tutto su cui stiamo appoggiati. Che fare? Cosa vuol dire, insomma «prevedere il terremoto»?

Ci provano molto seriamente in quella che possiamo considerare una specie di capitale della pianificazione territoriale innovativa e alternativa: Portland, Oregon, un posto che tutti i neoliberali mercatisti, pii credenti di ogni dogma religioso o finanziario, non vorrebbero neppure sentir nominare. Una città e area metropolitana dove da decenni si sperimentano mobilità alternativa, contenimento del consumo di suolo, e addirittura una inusitata (almeno per il contesto politico nordamericano) regionalità amministrativa che prova a superare certi comodi campanilismi. 

Adesso, il locale City Club pubblica a titolo di proposta da studiare ed eventualmente tradurre in azioni politiche, un rapporto il cui titolo potremmo liberamente tradurre: «Grandi Ammortizzatori per una Grande Botta», dove si prova molto seriamente a sviluppare quel concetto troppo spesso ridicolizzato da interpretazioni meschine: la «resilienza». Che ha delle componenti certamente tecniche, non dissimili in fondo dalle comuni norme edilizie e urbanistiche antisismiche, altri elementi di carattere organizzativo che ricordano quanto messo in campo a New York o altrove per prepararsi agli uragani, ma comprende anche un atteggiamento sociale ed economico di lungo periodo. Dobbiamo convivere con una specie di eternità, anzi ci stiamo dentro fino al collo, meglio comportarsi in modo coerente.

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