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Giovedì, 18 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Fai passare il treno sull'affresco?

Dopo il fattaccio urbano della settimana, e mi riferisco qui allo sfregio al Corridoio Vasariano di Firenze, da un mezzo trasporto merci, un giornale nazionale ha scritto: «È l'annosa querelle tra la necessità di tutelare i monumenti italiani, e quindi pedonalizzare i centri storici delle città, e l'esigenza di far transitare i mezzi, soprattutto quelli che trasportano le merci».

Considerazione assolutamente superficiale che ruota attorno a quel QUINDI manco si trattasse di scientifica consequenzialità. Come se la città tradizionale non fosse tranquillamente basata su una dialettica tra spazi vissuti e flussi di ricambio che quella vita la consentivano e alimentavano. Pensiamo al classicissimo schizzo leonardesco del percorso su due livelli: c'è una strada coperta da volte su cui passano i carri, e quelle volte sorreggono un'altra strada percorsa dai pedoni. Ma a sua volta anche quel disegno di Leonardo richiede una interpretazione critica non meccanica-ingegneristica, perché si tratta di una idea di città per così dire filosofica, non certo schizofrenica e segregante come pensano i fautori tecnocrati di pedonalizzazioni, corsie multiple dedicate, ponti e gallerie assortiti. Per capire meglio il senso della riflessione leonardesca immaginiamola correttamente dentro il suo contesto urbano. C'è una tecnica di trasporto che è quella coi carri, gli animali da tiro, incompatibile col passeggio di eteree damigelle dalle babbucce di velluto che però prediligono il prezioso carico di quegli stessi carri. Impossibilitati a modificare i carri, modifichiamo la strada.

Una soluzione che apparentemente adottano anche gli urbanisti moderni quando ai carri da trasporto tirati dalle bestie scagazzanti, iniziano a sostituirsi i treni sputacchianti fumo, o più tardi i tram elettrici sferraglianti: è la città a dovergli far strada, modificandosi radicalmente. L'architetto Èugene Henard del Comune di Parigi, cresciuto dentro le enormi trasformazioni haussmaniane mature alla fine del XIX secolo, alla Town Planning Conference di Londra nel 1910 delinea la propria idea di città futura tutta basata sull'adattamento ai nuovi mezzi di trasporto: una strada su vari livelli integrata alle case, dove scorrono vagoni ferroviari (sotto) e auto private (sopra), e più in alto su tetti piatti e rinforzati i campi di atterraggio degli «aerei ape» a volo verticale, mentre i grattacieli fungono da faro guida del traffico. Quello che forse sfugge però, è il forte proiettarsi di questa riflessione urbanistica anche verso il futuro tecnologico e organizzativo dei trasporti stessi. Ovvero il progettare strade, case, spazi urbani, non si sgancia mai da ragionamenti anche arditi (potenzialmente sbagliati, ma tentar non nuoce mai) sulle possibilità di quei mezzi di trasporto di adattarsi allo stato dell'arte dell'edilizia, non solo viceversa. Il che ci porta ai nostri giorni e a quel QUINDI ci resta solo o la pedonalizzazione, o il subire l'indispensabile flusso vitale veicolato di persone e merci in città.

Le macchine da trasporto terrestre e aereo di Henard, probabilmente anche i carri trainati dai buoi di Leonardo, sono pensati con spirito critico e futuribile in riferimento alla città possibile, non sono accettati come un a priori immutabile. Per gli spazi storici-monumentali di immenso valore culturale, insostituibili e immodificabili, questa prospettiva dovrebbe apparire lampante, specie in un'epoca di avanzamenti scientifico-tecnici impensabili solo poco tempo fa: quale mezzo di trasporto sarebbe compatibile coi delicati centri storici, la loro fragilità, e al tempo stesso il loro estremo bisogno di vivere attivamente il proprio ruolo sociale, comunicando la storia della vita umana che hanno contenuto e continuano a contenere? Da questo punto di vista appare quasi ridicolo porre, come fanno sempre un'opinione pubblica superficiale e certi amministratori, l'alternativa pedonalizzazione (e congelamento della vita) o rischio fisico-ambientale. Alimentare la vita di un monumento non significa passargli fisicamente sopra con le ruote che la vita la trasportano, o perlomeno con quelle ruote e in quel modo. I carri di Leonardo si restringevano scivolando nel sottosuolo, gli aerei di Henard intuivano un elicottero per adattarsi ai tetti delle architetture già proto-razionaliste, perché oggi un banale furgone non dovrebbe transustanziare verso uno dei tanti veicoli a bassissimo impatto e ingombro già disponibili sul mercato, e il tessuto urbano storico modificarsi (organizzativamente) ad accoglierlo al meglio? Chiedetelo alle lobbies commerciali e dei trasporti, non a me.

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