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Venerdì, 19 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Un vaccino immerso nel verde con comodi parcheggi

Si è già parlato qui e altrove dei due filoni logici in cui sembra articolarsi la discussione spaziale-urbana innescata dalla pandemia: chi come alcuni architetti confonde piuttosto artatamente densità e affollamento proponendo scenari da dispersione insediativa molto retro novecenteschi, e chi invece riassumendo con uno slogan imperfetto ma efficace prova a perseguire la cosiddetta Città dei Quindici Minuti. In sostanza questa seconda opzione interviene proprio sugli aspetti dell'affollamento interno (degli alloggi, dei posti di lavoro, dei servizi, dei mezzi di trasporto) provando a spalmare il tutto su una dimensione maggiore sostenibile, che è in sostanza quella del cosiddetto altrettanto novecentesco quartiere integrato o unità di vicinato, in cui lo spazio privato, quello collettivo condiviso e quello propriamente pubblico della strada della piazza del verde agiscono di concerto. Ma la mia recente esperienza con il piano vaccinale parrebbe indicare che culture mediche e organizzazione politico-amministrativa dell'emergenza starebbero trascinando consapevolmente o meno tutta la gestione verso il modello dispersivo, quello che non solo è discutibile dal punto di vista sociale, ambientale, climatico, ma come si accennava sopra nulla a a che vedere sul serio con la distanza sociale: questa si persegue diminuendo l'affollamento, non le densità urbane. Ma provo a fare l'esempio pratico della mia esperienza personale.

All'atto della prenotazione sul portale pur proponendomi diverse date e orari per la prima somministrazione del vaccino, noto che il luogo-struttura sono sempre gli stessi: un padiglione espositivo nella zona dell'aeroporto, noto di solito per ospitare Fiere tematiche, dal cane da guardia di razza esotica, al mobile vintage, alle novità tecnologiche del trasporto urbano e via dicendo. Come tutte le strutture del genere, già in parte ne conosco la natura suburbana-automobilistica, a cui si aggancia quasi logicamente il criterio da «istituzione totale» carceraria-ospedaliero-manicomiale piuttosto nota per esempio alla sociologia quando chiama anche le più avanzate imprese di ricerca in situazioni del genere Nerdistan: ovvero un posto al tempo stesso perso nel nulla e molto autoritario per definizione, dove tutto si appiattisce e serializza banalizzandosi. La mia verifica comincia decidendo di raggiungere il posto in bicicletta, confermando tutti i sospetti: nonostante la distanza (dalla città vera e propria e dalla mia residenza) non sia affatto esagerata prima devo attraversare autentiche terre di nessuno senza affacci abitati, marciapiedi, figurarsi piste ciclabili, e anche all'interno mi ritrovo addirittura a dover contrattare con un addetto la possibilità di parcheggiare il mezzo da qualche parte. Secondo lui, molto semplicemente «qui si viene in macchina» e tutto ruota attorno a quel modello, tutto tutto tutto. E l'organizzazione anche interna conferma.

L'ospedalone caro alla potenza professionale e culturale dei medici, ovvero il contrario speculare della «medicina di territorio» fatta di rapporti personalizzati, servizi di prossimità, ruolo sociale di prevenzione e cura, qui si dispiega evidente. Non tanto per l'ovvia organizzazione meccanica delle file di massa molto evidenti negli spazi espositivi sterminati, e neppure per l'altrettanto meccanica verifica dei turni, controllo della documentazione, scansione seriale delle somministrazioni e dei gesti degli operatori. Ma per il fatto che tutto risulta spropositatamente e inutilmente concentrato: una caserma del vaccino dove ci hanno reclutato in massa (e infatti mi rammenta molto l'antica visita militare ai tempi della leva obbligatoria). Ce n'era tanto bisogno, potendo tranquillamente programmare strutture locali minori, urbane, prossime agli utenti e anche agli operatori? L'immissione in rete informatica dei dati, la gestione del sistema, fa ovviamente riferimento al web smaterializzato, a uno spazio virtuale indipendente dal territorio, con cui si dialoga sia da una postazione piccola che da queste batterie di box espositivi un po' da logistica bellica. O suburbana, da shopping mall, da big-box monomarca, da parco per uffici dentro lo svincolo dell'autostrada. Ovvero appunto da tutto ciò che di peggio ha prodotto la dispersione insediativa novecentesca. Resta da capire se questo tipo di gestione è consapevole, pianificato, oppure accade per automatismi che non vorremmo vedere. Lo Sprawl Vaccinale è una brutta cosa esattamente come tutti gli altri sprawl.

La Città Conquistatrice – Sprawl

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