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Venerdì, 19 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Urbanistica in un regime democratico

Quando si iniziano delle note necessariamente sintetiche ma auspicabilmente originali come questa rubrica settimanale di cose urbane, spesso si usa l'innocente trucco dello spunto-espediente: che c'entra in modo relativo col tema e la tesi del testo ma serve come base essenziale da cui svilupparlo e magari chiudere in bellezza alla fine. Insomma quelle cose come «La signora Pina appena alzata va sempre a controllare l'umidità sulle foglie delle verze» a fungere da incipit per un articolo drammatico sull'estinzione dell'Orso Yoghi. Anch'io stavolta volevo cominciare un po' così e sono andato fiducioso su Wikpedia a cercare la scheda biografica di Walter D. Moody. Carneade chi era costui? Appunto: né sulla Bibbia dei tuttologi social (che di solito purtroppo si fermano alla prima riga ma quella è un'altra storia) né nei links esterni si riusciva a trovare quella schedina biografica, ricostruibile solo e davvero in modo assai rozzo incollando spunti vari da varie fonti. Una «scheda biografica» peraltro assai parziale e scarna, che copre semplicemente il brevissimo periodo da esponente di punta della Chicago Plan Commission dal 1909 alla morte a soli 46 anni nel 1920. Eppure quella scheda Wikipedia Mr. Moody se la meriterebbe molto molto più di tanti altri celebrati colleghi se non altro per il fondamentale contributo a quella che il grande architetto Daniel H. Burnham alla Planning Conference di Londra 1910 definiva «A city of the future under a democratic government».

Erano, quelli all'alba del '900, gli anni in cui laboriosamente si provava (con successi a dir poco altalenanti) a passare dall'Urbanistica dei Despoti alla Città del Libero Mercato, superando limiti e naturalmente costruendosene altri nuovi di zecca a volte anche peggiori. A Chicago e in tante altre città magari con una crescita meno esplosiva ma con problemi analoghi, realizzare trasformazioni coordinate di tipo ingegneristico, architettonico, sociale, produttivo, ambientale, richiedeva sempre maggiore cura agli aspetti del processo, più che a quelli del progetto o dei progetti singoli. Walter D. Moody si collocava – forse anche a sua insaputa – al centro di questo passaggio, prima come membro della Chicago Plan Commission, che affidava alla squadra coordinata dallo stesso Daniel Burnham di «unificare graficamente le idee di progetto», ampliando ma al tempo stesso circoscrivendo il ruolo dell'architetto. Poi come animatore di quello che viene ancora oggi chiamato «lunga fase di attuazione» ma è in realtà il Piano stesso: non riassumibile in una tavola o in cento tavole o in un documento scritto o singola decisione, ma spalmato nel tempo, nei soggetti, nei poteri e nelle discrezionalità. A costruire incrementalmente nelle generazionila famosa «City Under a Democratic Government» di cui sopra.

Moody trentenne riceve subito dopo la pubblicazione del Disegno Burnham illustrato dalle fantasiose vedute impressioniste di Jules Guèrin, la prima delega dal Presidente Charles Wacker per redigere quello che pur soprannominato Wacker's Manual, è in realtà opera collettiva a destinata alla collettività. Un libro didattico di Economia Municipale destinato a insegnanti, studenti, famiglie, che già in partenza qualifica i suoi utenti come «urbanisti» perché in fondo saranno loro in un modo o nell'altro e decidere quel «futuro democratico» della città: interpretando progetti, costruendosi ambizioni politiche, investendo nella casa, nel lavoro, nella finanza immobiliare. Se il Wacker's Manual viene considerato il nucleo centrale dell'idea di partecipazione urbana moderna, di educazione civico-urbana oltre che politico-sociale, meno noto ma forse più attuale il successivo What of the City? scritto e pubblicato poco prima della prematura scomparsa dell'Autore. Che si sofferma su un aspetto assolutamente centrale: il rapporto tra la formazione dell'opinione pubblica (quella che attua i piani favorendoli cambiandoli opponendosi) e i media: come l'urbanista si deve rapportare coi giornali, chi li fa, chi li dirige, chi li legge, e con quali argomenti, tecniche, obiettivi. In pratica già oltre tutta la vicenda dei Comitati Popolari per il NO o il SI fino ai nostri giorni. Ma nessuno ha mai pensato però di dedicare a Walter D. Moody una voce di Wikipedia. Forse perché mentre usciva What of the City? al di là dell'Oceano un architetto un po' megalomane ma certamente geniale stava già ragionando sulla sua personale idea di Urbanisme, che dal 1924 avrebbe riportato indietro le lancette dell'orologio di qualche decennio.

La Città Conquistatrice – La Figura dell'Urbanista

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