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Martedì, 16 Aprile 2024
Nazionalismi&co

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A cura di Andrea Carteny

Sovranismo e “popolo”, in Spagna e Francia

Riprendiamo il nostro blog in occasione della svolta avvenuta a Barcellona nelle ultime ore: finalmente, dopo uno stallo politico durato mesi, la Generalitat catalana ha il suo nuovo presidente, Quim Torra. Leader di Omnium Cultural, l’indicazione della sua figura conferma il livello di primo piano che ricoprono le organizzazioni della società civile nella mobilitazione sovranista in Catalogna: l’Assemblea nazionale catalana (ANC) e Omnium, infatti, costituiscono gli ambienti di maggiore iniziativa catalanista e nazionalista già negli anni passati, e propongono attraverso le proprie leadership la prima fila del movimento indipendentista, trasversale ai partiti politici.

Qualche giorno fa Torra,il 17 maggio, ha prestato promessa solenne di fedeltà “al popolo di Catalogna”, omettendo il riferimento alla Costituzione e al re di Spagna, come 131° presidentedella Catalogna. Ecco gli elementi fondamentali della nuova presidenza (indipendentista) catalana: la fedeltà al “popolo” di Catalogna e il radicamento, evidenziato già dal predecessore Carles Puigdemont, nella tradizione medievale delle istituzioni catalane, che risale al 1359. Infatti i rappresentanti degli ordini alle Corti catalane – ecclesiastico, aristocratico-militare e cittadino-reale – venivano normalmente presieduti da un rappresentante del clero, con funzioni di presidente del principato.

La Generalitat, infatti, è l’istituzione simbolo dell’autogoverno catalanoe vertice dei momenti storici di rivendicazione – e rivolta – autonomistica, al punto che nel 1714 la caduta di Barcellona e la vittoria dei Borboni portaalla sua soppressione. Ripristinata durante negli anni settanta dell’Ottocento, durante le guerre carliste, poi negli anni Trenta del Novecento, nellarepubblica spagnola, dopo la morte del dittatore Francisco Franco (1975) viene con la transizione ricostituita ammettendo la numerazione tradizionale. Questa numerazione storica, considerata dagli unionisti di Ciudadanos quasi una boutade, è però sentita diffusamente in Catalogna come l’origine dei diritti storici del paese, che negli ambienti sovranisti significa dunque diritto all’indipendenza. Il riferimento al popolo, poi, è ancora una volta lo strumento per indicare il diritto della Catalogna a costituire uno stato sovrano. Nel diritto internazionale, infatti, l’indipendenza non è prevista per le minoranze nazionali, mentre è previsto il diritto all’autodeterminazione nazionale (e quindi statuale) dei popoli.

È d’altronde la stessa terminologia rivendicata dal movimento nazionalista (autonomisti insieme a indipendentisti) in Corsica: l’apertura di una stagione di rivendicazione di maggiore autonomia, conseguenza della vittoria dei nazionalisti di “Pe a Corsica” a fine 2017, sta portando a un braccio di ferro tra isolani e governo francese. Le posizioni sono sostanzialmente immutate: i gesti – anche simbolici – di apertura attesi dalla visita del presidente Emmanuel Macron in febbraio, così come dall’incontrodi marzo del duo nazionalista Simeoni/Talamoni a Parigi, sono stati minimi. Macron ha ventilato sì la possibilità di ricomprendere la Corsica tra le entità d’oltremarepreviste dalla Costituzione repubblicana, ma ha rifiutato la co-ufficialità della lingua corsa (“… nella Repubblica esiste una sola lingua ufficiale, il francese”) e qualsivoglia apertura in termini di prigionieri “politici” e di sviluppo immobiliare riservato ai residenti. All’incontro di marzo nella capitale francese con la delegata del ministro dell’interno competente per la Corsica, Jacqueline Gourault, sostanzialmente senza esiti, è seguito qualche giorno fa un’altra visita dedicata della Gourault ad Ajaccio, in cui – pur mantenendo la posizione negativa del governo nei confronti del progetto nazionalista còrso di riconoscimento del suo popolo e della collettività in Costituzione – ha riaffermato l’impegno del presidente Macron a menzionare in Costituzione la Corsica.

Anche nel caso còrso, come in quello catalano, le posizioni tra centro e periferia sono decisamente divergenti e riflettono il classico schema del cleavage territoriale in assoluto, quasi a prescindere dall’impatto economico che questi processi possano avere! Cosa che ci ricorda come, nel caso di rivendicazioni nazionali profonde e radicate nella storia, le comunità locali siano pronte a rimetterci di tasca propria, pur di perseguire i propri sogni…

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