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Giovedì, 25 Aprile 2024
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A cura di Massimiliano Dona

Cos’è lo “scoring”: la vita a punti dei cinesi che offende la nostra privacy

Nel 2006, il Consiglio d’Europa ha deciso di istituire la Giornata della protezione dei dati che da allora si celebra ogni anno, il 28 gennaio. Forse mai come quest’anno, però, la privacy necessita non tanto di essere celebrata, quanto rafforzata. Viviamo nella società delle intelligenze artificiali che, macinando enormi quantità di dati, se non correttamente governate, rischiano di ridurre le persone a numeri.

E se espressioni simili a questa vi sembrano noiose fantasie distopiche, non resta che raccontare quanto già accade in Paesi dove meno forte è il presidio liberale: in Cina, ad esempio, dove le tecnologie di riconoscimento facciale sono così diffuse nelle strade da costituire un vero e proprio sistema di controllo sociale. Pensate che in quella parte del mondo alcune aziende applicano sui caschi dei lavoratori sensori intelligenti per analizzare gli impulsi nervosi così da desumere lo stato emotivo del soggetto e, quindi, la sua eventuale inidoneità  a svolgere certe mansioni.

Come ha ricordato il Garante Privacy Antonello Soro (aprendo i lavori del Convegno “I confini del digitale” in occasione della Giornata europea della protezione dei dati) “in questa regressione neo-fordista, la tecnica che avrebbe dovuto liberare l’uomo dal peso e dall’alienazione della catena di montaggio rischia invece di costringerlo in nuove catene elettroniche, riducendolo a mero ingranaggio”.

In Italia fecero scalpore “i braccialetti” dei dipendenti di Amazon, ma qui siamo ben oltre: il neuro-cap rievoca l’orwelliana polizia del pensiero, in una postmodernità che ripropone l’uomo-automa!

Ma come ha giustamente ricordato lo stesso Garante, l’elemento  forse più emblematico del sistema cinese è rappresentato dal Social Credit System, introdotto (per ora su base volontaria, dal 2020 obbligatoria) per valutare l’”affidabilità” dei cittadini, migliorare la “fiducia” nel Paese e promuovere una cultura di “sincerità” e di “credibilità giudiziaria”. C’è da rabbrividire: ai cittadini viene assegnato un “punteggio” fondato sulla valutazione delle frequentazioni, dei contenuti pubblicati in rete, ma anche delle abitudini di acquisto! Insomma, una sorta di programma-fedeltà dove il conseguimento di uno scoring alto agevola la fruizione di servizi pubblici e privati, l’esercizio di molti diritti e libertà, mentre un punteggio basso preclude l’accesso al credito, a sistemi assicurativi o previdenziali, a determinate professioni, persino a prestazioni di welfare!

La “vita a punti” dei cinesi sembra indicare la via di un nuovo totalitarismo digitale, fondato sull’uso della tecnologia per un controllo ubiquitario sul cittadino, nel nome di una malintesa idea di sicurezza. Un modello assai lontano da quello europeo di privacy al quale, non a caso, si stanno invece progressivamente ispirando un numero crescente di ordinamenti.

E se vogliamo davvero riportare la persona al centro, non possiamo dimenticare il nostro ruolo come consumatori consapevoli: sta a noi proteggere le nostre informazioni personali, rifiutando di salire stupidamente a bordo di quella “giostra digitale” che, animata ormai da una pervasiva intelligenza artificiale, ha tutte le carte in regola -se accettata passivamente- per farci prigionieri!

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