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Mercoledì, 24 Aprile 2024
AAA... acquisti

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A cura di Massimiliano Dona

C'è pure l'aranciata senza arancia

A giudicare dalle segnalazioni che giungono all'Unione Nazionale Consumatori, è necessario fare attenzione allo scarso contenuto di frutta nelle bibite: la pubblicità fa gran uso di immagini colorate e invitanti ma poi dalla lettura delle etichette scopriamo che di frutta ce ne è poca o nulla.

A cambiare le cose aveva provato nel 2012 l'allora ministro della salute Renato Balduzzi, proponendo che tutte le bevande analcoliche il cui gusto fondamentale deriva da agrumi dovessero essere commercializzate con un contenuto di succo naturale non inferiore al 20%. La norma aveva scatenato la lobby dei produttori (con in testa Assobibe e le multinazionali del bere) e qualcuno aveva persino sostenuto che con troppa frutta la Fanta o la San Pellegrino non sarebbero piaciute ai consumatori! Poi la legge italiana era stata fermata a Bruxelles.

Adesso l'Italia ci riprova e la scorsa settimana la Camera ha approvato una norma che reintroduce l'obbligo minimo del 20%. A prima vista sembrerebbe una bella notizia per i consumatori, considerando che oggi nelle bevande presenti in commercio il succo di agrumi è al massimo del 12%.

Però forse è meglio approfondire, per evitare di farci sedurre da certi argomenti demagogici: infatti, se da un lato sarebbe ora di mettere fine alle fandonie raccontate negli spot che inducono a fare acquisti sperando nei benefici di una dieta ricca di frutta, d’altro canto non sono del tutto convinto che se ne avvantaggerebbe (come sostiene Coldiretti) la nostra economia né tantomeno la nostra salute.

Provo a spiegarmi: oggi le aranciate prodotte nel nostro Paese sono fatte prevalentemente con succo di arance italiane, ma c’è il rischio che alzando il contenuto obbligatorio di frutta bisognerà ricorrere all’importazione di succo dal Brasile o dagli USA se non dalla Cina. Così, anche i nostri produttori, pur di restare concorrenziali con i prezzi delle bibite d’importazione, potrebbero lasciare al palo i nostri agricoltori.

Ma c’è anche il discorso salutistico: andrebbe detto che, incrementando il contenuto di arancia nelle aranciate, i vantaggi per la salute sarebbero pressoché trascurabili.  Bisogna considerare infatti che la frutta è trattata termicamente e molti principi attivi vengono neutralizzati; tanto più che l’aranciata gassata viene consumata (fortunatamente) in modo saltuario quindi la riforma non può dare i benefici tanto reclamizzati.

Infine, direi che il clamore suscitato da questa normativa rischia di far trascurare il messaggio più serio: la salute dei cittadini (e le produzioni agrumicole italiane) si tutelano stimolando il consumo degli agrumi freschi e bevendo delle salubri spremute invece di bevande analcoliche più o meno zuccherate e gassate. Attenzione quindi a non cadere nella trappola della demagogia!

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