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Giovedì, 25 Aprile 2024
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A cura di Massimiliano Dona

Digitale terrestre: ecco come ci costringeranno a cambiare la nostra tv

Ancora una volta? Purtroppo sì: saremo costretti a rivivere l’incubo dello switch-off del digitale terrestre! Eppure ci sembra finita solo ieri la battaglia che conducemmo con l’Unione Nazionale Consumatori all’epoca del passaggio dal segnale analogico al digitale. Ricordate? Informazioni confuse sulla compatibilità dei decoder e dei televisori, panico tra i consumatori e, soprattutto, le solite immancabili truffe con la vendita di prodotti inadatti o malfunzionanti...

Oggi una nuova assegnazione delle frequenze da realizzare entro il 2022 (per “ordine” dell’Europa) obbligherà i consumatori a cambiare televisore (o installare il decoder) per continuare a ricevere il segnale del digitale terrestre. E non è proprio un giochetto: stimiamo una spesa media di 300 euro a famiglia. Insomma, chi non possiede un apparecchio di ultimissima generazione molto probabilmente sarà costretto a cambiare il televisore nel giro dei prossimi quattro anni (i consumatori tedeschi, persino prima di noi, visto che la Germania ha fissato il termine al 2019).

In verità la decisione dell’Unione europea per l’assegnazione delle frequenze al 5G è di aprile, ma diventa “ufficiale” adesso che la legge di Bilancio la recepisce mettendo sul piatto 100 milioni di euro fino al 2022 come contributo alle famiglie per accelerare l'adeguamento delle tv. Tecnicamente le cose stanno così: oggi funzionano indifferentemente i televisori in standard Dvb T1 e quelli in Dvb T2. Ma quando le frequenze televisive traslocheranno bisognerà necessariamente dotarsi di apparecchi in Dvb T2 o di un decoder, oggetto che i consumatori speravamo di poter lasciare finalmente nel cassetto!

Gli incentivi dovrebbero addolcire questo boccone amaro, ma sono poca roba ed anzi scateneranno il solito “marketing degli incentivi”. Molto di più avrebbe dovuto fare l’obbligo, scattato per i negozianti già dal 1° gennaio 2017, di vendere televisori già Dvb T2 o quantomeno abbinati a un decoder compatibile. Ciò significa che, in teoria il passaggio ai nuovi televisori dovrebbe essere già pienamente in corso. Ma chissà cosa è stato messo in vendita in questi anni negli store dell’elettronica...

Ora, vista l’esperienza fatta con lo switch-off precedente, c’è da augurarsi che il Governo si attivi concretamente per evitare alle famiglie italiane l’incuboeconomico e organizzativo, che ci fu con il passaggio dal segnale analogico al digitale. Ad esempio in Francia si è deciso di mantenere l’attuale formato DVBT in modo da consentire alla quasi totalità delle famiglie di non spendere soldi per l’adeguamento delle proprie televisioni. O forse basterebbe predisporre idonee campagne informative come si fece con i famosi “bollini” da apporre sui televisori per garantire il corretto acquisto del consumatore. Ma soprattutto dovranno tenere gli occhi ben aperti l’Agcom e l’Autorità Antitrust per assicurare che siano fornite ai consumatori informazioni corrette circa le tipologie di televisori da acquistare.

Ma il vero tema è che gli incentivi non basteranno: prendono quota le voci (in realtà riportate nero su bianco da una “nota tecnica”) secondo cui gli incentivi dovrebbero essere limitati ai cittadini esentati dal canone (praticamente ultrasettantacinquenni con reddito inferiore a 6713 euro) in ragione di 50 euro cadauno, un’operazione che porterebbe con i fondi stanziati a “salvare” circa 2 milioni di TV, abbandonando gli altri (circa 8 milioni di consumatori) al proprio destino. 

E non sarà una passeggiata: l’esperienza del passaggio dall’analogico al digitale ci ricorda quanto abbiamo odiato il decoder per le inevitabili scomodità che questo comporta (due telecomandi; la complessità, soprattutto per le persone anziane, della selezione dell’ingresso esterno; i cavi in vista e lo spazio da destinare all’apparecchio esterno). E c’è anche un’aggravante! Questa volta, la promessa di valore collegata a questo passaggio delle trasmissioni al nuovo standard è più debole: non un aumento del numero di canali, come nel passaggio dall’analogico al digitale, ma semplicemente gli stessi canali, forse tutti (?) in alta definizione. Basterà per spingere gli utenti italiani al sacrificio economico e ai disagi del decoder?

D’altra parte c’è chi ne approfitterà: non saremo noi dell’Unione Nazionale Consumatori a dare messaggi pessimistici né tantomeno ad opporci alla modernità, ma mettiamoci nei panni di chi credeva che il megaschermo, comprato magari solo un paio di anni fa, potesse offrire la garanzia di un ottimo servizio per qualche tempo ancora. Difficile accettare che le decisioni in ambito europeo per l’assegnazione delle frequenze 5G, nuovo standard per la telefonia mobile che dovrebbe partire entro il 2020, debbano spingerci verso un ritorno in massa su un mercato che negli ultimi tempi si era rassegnato alla stagnazione. Voi che ne dite?

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