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Martedì, 16 Aprile 2024
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A cura di Massimiliano Dona

Perché FaceApp è interessata ai consumatori: che fine fanno i nostri dati biometrici?

L’App più chiacchierata dell’anno è FaceApp, ma non è una novità: lanciata già nel 2017, ha fatto scandalo solo recentemente grazie alla (nuova) funzione che consente di modificare il proprio volto immortalato in una foto cambiando i nostri connotati. Si dice che il software faccia uso delle più moderne tecnologie (a cominciare dalla celebrata intelligenza artificiale), ma forse accade il contrario: questa grande quantità di foto servirà in verità ad addestrare le reti neurali e i sistemi di intelligenza artificiale.

Ma come funziona FaceApp? Semplice, si scarica l’applicazione (accettandone le condizioni di utilizzo), si carica una propria foto  e si sceglie il tipo di filtro da usare (in totale sono 21): ringiovanire, cambiare genere, invecchiare e tanti altri ancora. E con queste semplici funzioni, FaceApp sta spopolando in tutto il mondo: ma la maggior parte di chi usa questa App e condivide le foto forse non è consapevole di cosa sta concedendo! In effetti, qualche preoccupazione emerge leggendo la nota informativa (ma chi lo fa?). Ebbene solo così ci accorgiamo di aver dato il consenso all’azienda di immagazzinare nei suoi server le foto dei nostri volti.

In questi giorni, molti hanno scritto all’Unione Nazionale Consumatori chiedendoci cosa se ne farà l’App di tutti questi dati biometrici sui quali non avremo più nessun controllo? Se poi aggiungiamo chel’azienda opera nella madre Russia, più precisamente a San Pietroburgo, quindi fuori dalla giurisdizione Europea, ecco scattare le paure collettive!

Certamente, queste App sfruttano l’ignoranza delle persone, che non sempre sono in grado di comprendere che, accettando i “termini di servizio”, concedi a FaceApp una licenza perpetua, irrevocabile, non esclusiva, trasferibile, per utilizzare, riprodurre, modificare, adattare, pubblicare, tradurre, creare opere derivate dalle nostre immagini. Cosa se ne fa? Può succedere che la nostra foto sia usata per creare profili “fake” (si chiamano ‘sockpuppet’ in gergo) e sono ormai numerose le aziende che si dedicano a fare questi ‘puppets’ (proprio come i fantocci da calzino, quelli che si usavano per far divertire i ragazzini).

C’è poi il rischio di scraping che consiste nel cercare profili interessanti (ad esempio di manager d’azienda o persino poliziotti, militari) così da usarne la faccia e i dati biometrici: chi lo dice che il riconoscimento biometrico facciale a guardia di un’azienda non possa essere superato con delle fotografie a buona o ad alta definizione ottenute attraverso l’App? Il rischio è enorme.

Insomma, dietro l’applicazione che ci invecchia ci sarebbero dei seri rischi, quelli legati soprattutto alla nostra privacy. Ma siamo sicuri che FaceApp non prenda anche altro dai nostri smartphone?

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