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Venerdì, 29 Marzo 2024
Valori, non opinioni

Valori, non opinioni

A cura di Marilia Parente

Quando una innocente urla, non vi è nè cultura e nè religione: il martirio di Reyhaneh

Impiccata a 26 anni per aver ucciso chi aveva tentato di stuprarla e per aver rifiutato di negare la verità. Una enorme colpa macchia non solo chi ha compiuto questa atrocitá, ma anche chi poteva impedirla ed è rimasto a guardare. Scusa Reyhaneh. Perdono a nome del mondo intero. Non esistono parole dinanzi ad ingiustizie come questa. Quando Reyhaneh Jabbari aveva soltanto 19 anni, un ex impiegato del ministero dell'Intelligence, Morteza Abdolali Sarbandi, tentò di stuprarla. Lei lo uccise a coltellate e per quel reato è stata condannata a morte: confessò subito l’omicidio dello stupratore. Lo fece dopo l'arresto e disse di aver agito per autodifesa. Ma non le fu consentito di avvalersi di un avvocato durante la deposizione, e venne condannata a morte da una corte penale della capitale iraniana nel 2009. La sentenza fu poi confermata dalla Corte Suprema pochi mesi dopo. Solo il 24 ottobre era scattato l'allarme per le sorti della giovane: la madre ha raccontato di essere stata chiamata dal carcere perchè andasse a trovare la figlia per l'ultima volta, prima di un suo trasferimento in un'altra struttura. Il timore era che l'impiccagione potesse avvenire già nelle prossime ore, prima cioè dell'inizio, ieri, del mese sacro del Muharram, in cui sarebbero vietate guerre e violenze, e che è molto sentito nel mondo sciita.

La folle ingiustizia non può essere addebitata, come molti tentano di fare, ad una cultura o ad una religione. Le nozioni che derivano da queste ultime, infatti, in qualunque società civile rappresentano delle scelte. A mio avviso, non si può imporre ad una persona un credo o un comportamento. La religione, come la cultura non può e non deve essere altro che una scelta. E non è che in Oriente gli individui siano robotizzati: tale evidenza è valida, ovviamente, anche per loro. Certo non è comoda, probabilmente, per chi detiene il potere e, da lustri ormai, assoggetta popoli interi servendosi della paura, del terrore. Elementi questi che con qualunque cultura o religione non possono minimamente essere correlati. Ricordo di un esame sostenuto in Islamistica: con mia sorpresa, in quella occasione, ho scoperto che nel Corano sono presenti continui inviti alla pace e alla tolleranza. Eppure c'è chi ha stravolto questa religione, interpretandola su misura di una spietata dittatura e facendo sfociare il tutto in spunti per azioni terroristiche. Ma il terrorismo non appartiene a nessuna religione. E' figlio di un potere politico malato che intende strumentalizzare il credo a suo piacimento, facendosi forte della paura, della miseria e dell'esaltazione, frutto dell'ignoranza. Non possiamo restare a guardare innocenti sacrificate, donne stuprate e uccise. Queste persone sono le martiri del nostro secolo. Ed in ogni società civile, i martiri non possono essere dimenticati. Se si parla tanto di era globale, di distanze accorciate, di un unico grande Paese, non è possibile non intervenire. Scene di ordinaria follia che spezzano vite umane come fossero carta straccia, in nome di una furia omicida che si spaccia per cultura o religione, devono essere combattute. Possibile che si scenda in campo senza indugi appena vengono messi in discussione poteri forti (magari connessi a pozzi petroliferi et similia) e che, invece, si resti impassibili dinanzi a vere e proprie stragi di innocenti? Non c'è "rispetto della cultura o della religione" altrui che tenga in questi casi. Perchè laddove un innocente grida, non vi può essere nè cultura, nè religione. Ma solo ingiustizia, orrore e violenza. Ed infine a tutti coloro che tentano di scrollarsi di dosso ogni responsabilità chiedendo, magari provocatoriamente, dove sia Dio quando accade tutto questo, risponderei che Dio certamente è vicino alle vittime: ne è prova la loro immensa forza nel non subire e nel reagire all'ingiustizia subita, nonostante la morte certa che le attende.. E tu, invece, dove sei?

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