Perché non possiamo lasciare a Facebook e Google la scelta sulla nostra libertà
La pandemia di covid ha modificato, probabilmente in modo permanente, Il nostro modo di comportarsi, il nostro modo di vivere e quindi anche il nostro modo di pensare. Forse l’aspetto più eclatante di questo cambiamento riguarda l’aver drasticamente ridotto le occasioni di confronto con gli altri. Il dover lavorare da casa e l’impossibilità di viaggiare hanno modificato il modo con cui ci costruiamo una nostra opinione. Prima dovendo pranzare con i colleghi di lavoro o dovendo viaggiare eravamo spesso costretti a confrontarci con persone che potevano avere un pensiero diverso dal nostro. Era pacifica la presa d’ atto che ci fossero opinioni diverse dalla nostra.
Adesso chiusi in casa, scegliamo noi sul web dove reperire l’informazione. Inoltre se sulla nostra pagina Facebook qualcuno osa esprimere un’opinione diversa, ci difendiamo bannandolo. Facendo così riduciamo la platea con cui ci confrontiamo. Abbiamo a che fare sempre e comunque con una “tribù” di persone che sostanzialmente hanno le nostre stesse opinioni. Cadiamo in quello che la finanza comportamentale chiama confirmation bias che è la tendenza delle persone a prestare troppa attenzione alle informazioni che confermano la loro convinzione e ignorare totalmente le informazioni che la contraddicono. Inoltre, il formarsi sui social, gruppi di persone che la pensano allo stesso modo crea quello che sempre la finanza comportamentale chiama herd mentality (mentalità di gregge) che è la tendenza a seguire e copiare ciò che fanno gli altri, ad essere influenzati dalle emozioni e dall'istinto, piuttosto che dalla nostra analisi indipendente.
Il Covid ha solo grandemente accelerato questo processo già in atto da tempo. Questo potrebbe spiegare in modo credibile quello che è successo in US: la polarizzazione della popolazione in due schieramenti contrapposti ed incapaci di dialogare fra loro e l’incapacità di accettare la sconfitta. L’effetto gregge ha fatto poi da moltiplicatore spingendo una folla inferocita a prendere d’assalto Capitol Hill. Il distanziamento sociale ha generato l’effetto che non riusciamo a comprendere che gli altri non la pensino come noi. E questo è molto evidente in TV, durante i talk show. Mentre prima, quando due ospiti esponevano tesi contrastanti, entravano immediatamente in polemica, si urlavano uno contro l’altro, adesso si limitano a guardarsi con un sorriso di compiacimento come per dirsi reciprocamente ma guarda un po’ questo mentecatto che cavolate sta dicendo.
E poi continuano a ripetere a filastrocca il proprio ragionamento senza tener in alcun conto le ragioni dell’altro Ma questo è estremamente pericoloso per il sistema democratico perché cementa fratture profonde nella popolazione. Per questo i politici dovrebbero essere abbastanza saggi per fronteggiare non solo l’emergenza sanitaria causata dal Covid ma anche quella democratica decisamente più grave. Se 72 milioni di Americani hanno votato Trump, non possono essere tutti considerati come scemi o criminali. Il tizio che ha assaltato il Campidoglio a torso nudo, con le corna e vestito da sciamano è solo la punta, sostanzialmente quella più inoffensiva, dell’iceberg. Biden, per essere un buon Presidente, deve sforzarsi di essere anche il loro Presidente e cercare capire quali siano state le motivazioni che li hanno spinti a votare Trump. Altrimenti, in questa atmosfera surreale creata dalla pandemia, rischia di generare decine di milioni di Americani che finiscono per sentire come ostile e come alieno il governo federale. Deve sforzarsi di riempire il fossato, non allargarlo.
La stessa cosa vale in Italia dove abbiamo un 40% di votanti di centro-destra che non si sentono rappresentati. E’ un vulnus serio per la democrazia, da non trascurare, anche se, per fortuna, la situazione è molto diversa da cento anni fa, quando fratture così profonde fra i diversi strati di popolazione favorirono il nascere dei totalitarismi.
Siccome tutto nasce da un uso distorto dei social media, viene la tentazione di prendere la scorciatoia di chiudere i siti dei cattivi e di bannare chi non segue le regole del politically correct. Questa, che sembrerebbe a prima vista un’ottima idea, a mio parere, è molto più pericolosa del male che si vuole combattere. Chi decide cosa sia buono e cosa sia cattivo? Non sono valori assoluti e si evolvono con il tempo. Cento anni fa avremmo bannato gli omosessuali, duecento anni fa avremmo bannato le donne che chiedevano la parità dei diritti, trecento anni fa gli schiavi che lottavano per la libertà, quattrocento anni fa chi affermava che era la Terra girava intorno al Sole e non viceversa. Come potremmo sapere chi sta dalla parte della ragione e chi dalla parte del torto? Ricordiamo che spesse volte la ragione è solo determinata da questioni di convenienza e non da questioni etiche. Come scrisse Brecht “Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati”.
Ma c’è anche un’altra questione: permettere che Mr Facebook decida per noi quali post possano essere pubblicati e Mr Google quali pagine internet possano essere trovate dai suoi algoritmi, significa delegare a loro, la nostra libertà e la nostra coscienza. Non vedo molta differenza fra questa censura e quella del Santo Uffizio. Allora mandavano al rogo sia i libri non graditi che i loro autori mentre adesso i motori di ricerca si limiterebbero ad impedire di raggiungere pagine web che non sono politically correct, ma l’effetto sarebbe il medesimo: ostacolare il diffondersi di idee che il potere costituito considera eretiche. Non possiamo permetterlo. Come diceva Voltaire “Non condivido le tue idee, ma mi batterò fino alla morte affinché tu possa esprimerle”.
Insomma il distanziamento sociale imposto dal Covid ha solo reso molto più urgente un dibattito sulla libertà di espressione sulla rete, sui monopoli esercitati da Google e Facebook e la loro capacità di creare consenso (anche politico) e sulla manipolazione del pensiero delle masse. Se le democrazie occidentali non saranno in grado di rispondere a queste evidenti criticità, rischieranno di soccombere nella sfida contro i sistemi politici post-comunisti di Cina e Russia.