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Giovedì, 25 Aprile 2024
Vincenzo Vespri

Vincenzo Vespri

A cura di vincenzo-vespri

Coronavirus: vi spiego perché la nostra vita nei prossimi mesi dipende solo da un numero

Il modello della diffusione di una malattia non è tanto una questione di medici o virologi (che infatti non ne stanno azzeccando una), ma è una questione per matematici. Gli statistici (meglio gli statistici-medici) servono per procurarsi i dati. Gli analisti numerici/informatici servono per implementare numericamente il modello. Il contagio segue un modello di diffusione con saturazione. Ma sono i matematici a fare il modello.  Dal 1800 sappiamo che un contagio cresce esponenzialmente all’inizio, poi ha un flesso e poi si appiattisce esponenzialmente su un asintoto orizzontale.  Tutti i contagi fanno così, il problema di questo è che non conosciamo i parametri. Vediamo allora come un matematico ragionerebbe per costruirsi un modello più o meno attendibile.

Primo passo: fare alcune ipotesi abbastanza ragionevoli per semplificare i conti

  • La prima ipotesi è che il covid dia una immunità tipo normale influenza/raffreddore
  • La seconda è che se un individuo riprenda per la seconda volta il covid, la malattia faccia molti meno danni (ad esempio gli stessi di una normale influenza) in quanto l’organismo ha imparato come costruire gli anticorpi.
  •  La terza ipotesi è che non ci siano immuni a questo tipo di malattia che quindi i potenziali malati in Italia siano tutti e 60 milioni d’Italiani.

Si noti che le prime due ipotesi ci permettono di tener conto solo dei malati che si infettano per la prima volta

Secondo passo: individuare i parametri che ci servono

L’asintoto orizzontale è quando il contagio si ferma, ossia quando si raggiunge l’immunità di gregge. Questa quota dipende dall’indice di contagiosità (R_o). Con R_o pari a 3 deve essere contagiata una quota fra il 60 e il 70% della popolazione per raggiungere l’immunità (quindi 40 milioni di Italiani). Infatti la malattia si diffonde se ogni malato contagia almeno un’altra persona. Con R_o pari a 3, ogni malato ha la possibilità di contagiare altri 3 individui. La malattia si diffonde se fra queste tre persone in media almeno una è ancora contagiabile. Questo vuol dire che per non diffondersi il virus deve aver contagiato almeno i due terzi della popolazione.  Con R_o pari a 2, l’immunità di gregge si raggiunge con 30 milioni di contagiati, con R_o pari a 1.5 abbiamo la soglia di 20 milioni e con R_o pari a 1.1 (quella di una normale influenza stagionale) la soglia è circa 5 milioni.

Quindi, una volta individuata la soglia dell’immunità di gregge, ci serve sapere di quanto ne siamo lontani Ossia quale sia il numero effettivo di contagiati. L’unico dato “certo” sono i morti che sono 41.400. Se dividiamo questo numero  per l’IFR (Infection Fatality Rate) abbiamo il numero presunto dei contagiati.

Terzo passo: calibrazione dei parametri

R_o è un parametro non costante. Dipende dalle precauzioni prese, dalla densità della popolazione, dalle condizioni climatiche. Possiamo supporre che in autunno-inverno, con le scuole mezze chiuse, con il coprifuoco alle 22 sia in media, sul territorio nazionale, sotto a 1.5. Quindi il numero di immunità di gregge (in queste condizioni) dovrebbe essere meno di 20 milioni.

Invece l’IFR purtroppo è un indice ballerino. Due studi che vanno per la maggiore lo danno uno allo 0.3 per cento e l’altro lo dà allo 0.7 per cento. L’ISTAT lo dà al 2.5 per cento. Sono valori molto diversi fra loro. Secondo me, ragionando sui casi di Bergamo, Lodi e Cremona (che sembrano aver più o meno raggiunto l’immunità di gregge, o quanto meno il contagio non cresce come nel resto della Lombardia) l’IFR potrebbe situarsi fra lo 0.7 e il 2 per cento.

Quarto passo: applicare il modello

Se l’IFR fosse lo 0.3 per cento avremmo avuto già 13.8 milioni di contagiati e saremmo vicini al flesso della curva in tutta Italia (ma vista la situazione attuale non credo proprio possibile questa ipotesi).  All’opposto, se fosse il 2,5% avremmo avuto meno di 2 milioni di casi. Saremmo lontanissimi da ogni soluzione ragionevole. Dovremmo suddividere tutta l’Italia in zone arancioni e rosse, dire good bye alle feste natalizie e ai festeggiamenti del capodanno e sperare solo nel vaccino e nella buona stagione. Se l’IFR fosse fra l’1% e lo 0.7 per cento, almeno la Lombardia sarebbe vicina al flesso. Si potrebbero elaborare strategie per far uscire dall’incubo provocato dal Covid prima la Lombardia, poi le altre regioni del Nord ed infine le altre regioni d’Italia.  Piccole oscillazioni determinano situazioni e prospettive molto diverse. Quale sarà il modello giusto? E’ incredibile rendersi conto che la qualità della nostra vita nei prossimi mesi, se potremo vivere normalmente o se saremo prigionieri casa, in ultima analisi, non dipende da Conte ma dipende solo dall’IFR…solo da un numero.

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