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Martedì, 23 Aprile 2024
Vincenzo Vespri

Vincenzo Vespri

A cura di vincenzo-vespri

Se la scuola di domenica è l'unica idea per l'istruzione distrutta

Una cosa certamente non si può rimproverare all’Azzolina: che non sia tenacemente attaccata alla scuola. Durante l’estate lei si è impegnata per acquistare i banchi a rotelle, adesso la ministra Paola De Micheli sta proponendo la scuola aperta la domenica al fine di evitare assembramenti sui mezzi di trasporto. Certamente come la scorsa estate si dubitava sull’efficacia dei banchi a rotelle per fermare il Covid così adesso si dubita sia sull’efficacia che sulla realizzabilità di mandare gli studenti a scuola la domenica.  Detto questo bisogna però avere l’onestà di riconoscere all’Azzolina il grande merito di credere nella funzione educativa della scuola e di rendere manifesta la sua importanza sociale e prospettica.

Detto questo, attualmente si sentono troppe critiche derisorie e troppe poche proposte concrete.

Evitando scelte ideologiche e razionali, abbiamo che da una parte vi è la necessità di far partire la scuola sia per dare un’educazione adeguata ai nostri giovani e sia per non privarli della socializzazione tanto importante per la loro età e dall’altra non si può non notare che proprio in coincidenza con l’apertura indiscriminata delle scuole sia partita la devastante seconda ondata.

La prima idea che viene in mente è proprio evitare l’apertura simultanea di tutte le scuole di ogni ordine e grado. Considerando l’importanza per i bambini più piccoli di andare a scuola e considerando che, ragionevolmente, il contagio non avviene a scuola ma sui mezzi di trasporto, lascerei aperte le scuole medie (anche nelle zone rosse) garantendo sia un’apertura anticipata che una chiusura posticipata al fine di permettere ai genitori di recuperare i propri figli in macchina. Potenzierei inoltre i servizi di scuola bus anche con accordi con privati. Sicuramente le aziende di trasporto sarebbero felici di questa opportunità di business in un periodo di magra come questo.

Non partirei immediatamente con l’apertura dei Licei. È stato un disastro a settembre e non capisco cosa sia cambiato per non essere un altro disastro (perfino peggiore) a gennaio. Darei autonomia alle singole scuole superiori al fine di monitorare la situazione caso per caso. Vedrei quanti ragazzi possano contare su un passaggio in macchina dei propri genitori, quanti possano arrivare da soli (una scelta intelligente sarebbe stata quella di dirigere proprio a loro il bonus monopattino/bicicletta elettrica) e quanti invece necessitano l’utilizzo di un mezzo pubblico. Per questi casi vedrei se si potesse mettere su un sistema di scuolabus o fornire un insegnamento a distanza mirato al fine di ridurre il numero dei viaggi settimanali. In ogni caso cercare di garantire la didattica in presenza sia ai primi anni (che sono gli studenti più piccoli e più bisognosi di contatti con i coetanei) che all’ultimo anno (che devono sostenere la maturità).

Per quanto riguarda l’Università punterei molto sull’e-learning come approccio didattico concorrente (ma non chiaramente sostitutivo) alla didattica in presenza. Credo che il Covid abbia accelerato un processo di trasformazione del sistema universitario mondiale. Le lezioni universitarie, per moltissime materie e per moltissimi corsi di laurea, potrebbero essere impartite a distanza. Questo ha sia un effetto di ridurre i costi dell’istruzione superiore (gli studenti non dovrebbero più vivere fuori sede) e sia di competizione fra università (perché mi dovrei iscrivere ad Ingegneria all’ Università sotto casa quando potrei iscrivermi al Politecnico di Milano o al Politecnico di Torino?) o addirittura fra nazioni (perché iscrivermi in Italia quando potrei iscrivermi in US o in Francia o in Germania ed avere un pezzo di carta che mi offre più possibilità di lavoro?). È chiaro che le Università si dovranno chiedersi cosa possano offrire di added value agli studenti per convincerli ad iscriversi presso di loro. Se non faranno questa riflessione e non correranno ai ripari, finiremo come colonie culturali di altri paesi, con le Università nostrane ridotte a un servizio vassallo e di bassissimo profilo di gestione didattica locale degli studenti (ad esempio servizi di laboratorio e tutoraggio che mal si prestano alla didattica a distanza).

Purtroppo questo dibattito prospettico risulta del tutto assente. Si sentono solo affermazioni ideologiche e apodittiche da un fronte all’altro. Sia da parte di quelli che affermano che l’unica didattica possibile sia quella in presenza e sia da parte di quelli che vorrebbero le discoteche o i campi di sci aperti e le scuole chiuse.

La mia impressione è che, al di là del dibattito in corso sui vari talk show, i giochi siano stati già fatti. Si procederà tutti danzanti come i protagonisti del Pifferaio di Hamelin sia verso un’apertura totale e indiscriminata il 7 gennaio delle scuole di ogni ordine e sia verso la conseguente ed inevitabile terza devastante ondata. Ma che ci importa, se uno pone qualche dubbio adesso sarà immediatamente infamato come disfattista. E’ chiaro che tutto andrà bene, nonostante una percentuale di morti superiore a quella di quasi tutti gli altri paesi sia durante la prima ondata che durante la seconda, nonostante un pauroso aumento del debito pubblico, nonostante un calo del PIL fra i più consistenti fra i paesi OCSE e nonostante una contrazione delle libertà personali fra le più marcate fra i paesi che si dichiarano democratici.

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