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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Vincenzo Vespri

Vincenzo Vespri

A cura di vincenzo-vespri

Perché il governo non dà i dati sulla diffusione del contagio?

A mio parere, si è passati da giudizi troppo positivi verso l’operato del Governo all’inizio della pandemia a giudizi eccessivamente ingenerosi adesso. 

Ad esempio, per la campagna vaccinale bisogna riconoscere che l’Italia sta facendo meglio di moltissimi altri paesi. Anche il modo di presentare la propaganda a favore della campagna vaccinale è decisamente migliorato puntando finalmente a una richiesta sentita di compartecipazione consapevole del popolo italiano piuttosto che puntare ad uno stupido ed arrogante autoritarismo combinato a un simbolismo di cui nessuno, se non forse Arcuri, avvertivano la necessità. Ad esempio, nessuno ha spiegato in modo convincente che senso avesse e che vantaggi portasse, investire dei soldi per fare i padiglioni dove si effettueranno le vaccinazioni a forma di primula.  Certo rimangono molti punti non risolti quali, ad esempio, se si sarà in grado di vaccinare la popolazione nei tempi stabiliti. Infatti, in più di 10 giorni di vaccinazione, si è vaccinato l’1% della popolazione. Sicuramente un buon risultato, ma se si andasse a questa velocità, per vaccinare tutta la popolazione occorrerebbero almeno 3 anni.  Inoltre il virus, contagiando 40 mila persone al giorno, sta andando almeno veloce se non più veloce della campagna la vaccinale. Infine non è chiaro se sia stato ottimizzato l’ordine con cui vaccinare la popolazione. Fino ad adesso sono stato vaccinate o persone under 60 (per cui probabilmente il modo migliore per immunizzarsi continua ad essere quello di contagiarsi) od ospiti delle RSA (quindi persone estremamente vecchie e per cui il vaccino ha molta meno efficacia). Ora, a prima vista, per massimizzare il suo impatto, la campagna di vaccinazione dovrebbe essere principalmente diretta verso la fascia dei 60enni-80-enni. Fascia ancora attiva (e quindi più soggetta al contagio rispetto alla fascia over 80) ma molto più fragile dei giovani in caso di complicazioni determinate dalla malattia.

In un altro punto il Governo ha avuto ragione. Quando, per primi in Europa, ha avuto il coraggio di decretare il lockdown lo scorso marzo.  Sicuramente poteva essere deciso un lockdown meno assurdamente rigoroso, sicuramente è stato sbagliato aizzare l’odio sociale verso i runners e verso chi prendeva un po’ di sole da solo sulla spiaggia, sicuramente il tentativo di assicurare le mascherine alla popolazione è stato tardivo, goffo e manchevole, ma un lockdown era assolutamente necessario decretarlo. Il Paese non poteva rimanere aperto.  A Bergamo, si è avuto un eccesso di mortalità del 571% a marzo e del 123%   ad aprile (l’eccesso di mortalità è l’unico dato certo che abbiamo, ohimè). Se non avessimo fatto ricorso al lockdown il virus si sarebbe diffuso rapidamente su tutto il territorio nazionale e, facendo le debite proporzioni, avremmo avuto quasi 300 mila morti in più a marzo e circa 75 mila morti in più ad aprile. Troppi morti assieme perché il Paese potesse reggere. Infatti, presumibilmente, in quei due mesi, avremmo finito per avere 3-4 milioni di persone ricoverate in ospedale (?) con gravi sintomi (ma non abbiamo tutti quei posti letto) e sarebbe andato in tilt non solo il sistema sanitario nazionale ma tutto l’apparato statale.  

Questo però ci fa riflettere se l’attuale strategia sia corretta. Considerando che rispetto a marzo, i protocolli di cura, le nuove terapie e le strutture ospedaliere, atte ad ospitare malati, sono notevolmente migliorate la soglia dell’immunità di gregge dovrebbe essere scesa adesso a 180 mila-200 mila morti. Considerando che lo scorso anno abbiamo avuto 93 mila morti in più, dovremmo essere già a metà strada.  Se arriva la terza ondata, o continua la seconda in modo strisciante come adesso, avremo almeno 120 mila morti.  Quindi “solo” 60 mila morti in meno se avessimo lasciato correre la malattia. Considerando poi che, causa mancata prevenzione sanitaria (negli ospedali tutto è stato rimandato in attesa della fine della pandemia), ci saranno tantissime morti indirette (alcune fonti stimano almeno 200-300 mila) e considerando i notevolissimi danni economici, forse, la strategia più ragionevole e, tutto sommato,  con meno morti in totale, sarebbe stata quella di puntare, già da settembre scorso,  alla immunità di gregge lasciando che il contagio si sviluppasse sul territorio nazionale in modo controllato. Sarebbe stato, però, oggettivamente difficile motivare un cambio di strategia così radicale. Ma forse, vedendo l’alto numero di morti che abbiamo avuto da ottobre, potrebbe essere stata la strategia seguita dal Governo anche se non si è voluta palesarla alla Nazione. Ma, allora, se il vero obiettivo fosse stato un contagio che fosse durato  solo 4-5 mesi nei mesi più freddi invernali  per puntare all’immunizzazione di gregge, non sarebbe spiegabile il perché negli infiniti DPCM ci siano così tante regole e regoline che hanno tanto esasperato l’opinione pubblica e che, de facto, hanno solo contribuito a ridurre molto marginalmente l’intensità del contagio. 

Purtroppo non sappiamo rispondere con certezza a queste naturali domande come non possiamo validare i nostri ragionamenti, perché il Governo ha deciso di non mettere a disposizione della popolazione e della comunità scientifica i dati sulla diffusione del contagio. Decisione a mio parere sciocca e stupida. E questa è proprio una delle colpe più gravi da imputare a questo Governo: l’opacità delle informazioni. Questi dati ce li ha Google (proprio ieri sono apparsi i modelli epidemiologici di Google sul Veneto basati su Google Maps) e non si capisce perché siano stati interdetti ai cittadini italiani. Forse, tra le priorità in discussione in Parlamento, forse anche prima della discussione sui Recovery Funds, ci dovrebbero essere sia la difesa dei dati sensibili dalla intrusione delle multinazionali tipo Google e sia la trasparenza della pubblica amministrazione verso i cittadini.  Senza una salda e sentita democrazia basata su forti principi, non ci potrà mai essere una vera e solida ripresa economica.

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