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Venerdì, 29 Settembre 2023
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Come funziona e di cosa sa il cibo stampato in 3D

Un filetto di cernia o una bistecca realizzati con stampante 3D. E quando ogni appartamento ne avrà una cosa succederà alla nostra alimentazione?

Quando negli anni ‘80 Chuck Hull inventò la stampante 3D, in pochi potevano immaginare che quella tecnologia sarebbe stata applicata anche al cibo. Ora, a distanza di decenni, da quei macchinari prendono forma torte, biscotti e bistecche. Diavolerie? Non proprio: di stampanti alimentari in 3D si parlava già nei primi anni del 2000, quando il gruppo guidato da Hod Lipson, professore del dipartimento di ingegneria alla Columbia University, e da Christen Cooper della Pace University, iniziava a paventare l’idea di un cibo creato attraverso un processo automatizzato.

La torta stampata in 3D via npj Science of Food

Cos’è e come si stampa un cibo in 3D

Lo stesso gruppo ha recentemente diffuso dei risultati che meritano un approfondimento: in uno studio pubblicato il 21 marzo 2023 dalla rivista Nature, viene spiegato come nasce una torta stampata in 3D, del tutto commestibile e composta da 7 ingredienti diversi. Anzitutto gli ingredienti devono essere abbastanza morbidi per poter passare facilmente attraverso la testina di stampa della siringa, ma devono anche mantenere una certa collosità e viscosità al fine di rimanere stabili nella forma che si vuole ricreare. Quindi il burro d’arachidi, la Nutella o anche la marmellata di fragole vengono inseriti in alcune capsule del tutto simili alle cartucce di una stampante.

La figura tridimensionale che si andrà a creare è stata precedentemente realizzata al computer con programmi che permettono di disegnare oggetti su tre dimensioni: profondità, lunghezza e larghezza. Tutte le informazioni e le misure (in scala) del progetto vengono trasmesse alla stampante attraverso chiavette usb, schede SD o da remoto, attraverso smartphone o tablet. Poi la macchina fa il resto, ovvero lavora per volume e va a creare strati su strati dei vari ingredienti. Una volta terminato questo passaggio, a meno che non si tratti di alimenti già pronti al consumo, il prodotto stampato dovrà essere ultimato attraverso un passaggio di cottura in forno oppure fritto.

Cibo 3D. Dai dolci fino alla carne coltivata

Nonostante la pasticceria si presti particolarmente a questo tipo di tecnologia, la stampa 3D può essere applicata praticamente a qualsiasi tipo di alimento, come i crackers, i biscotti, le pizze, le polpette o gli hamburger, arrivando fino alla carne. Non semplici briciole in questo caso, ma vere e proprie bistecche. Possono essere a base di ingredienti vegetali, quindi con proteine e composti provenienti da legumi od ortaggi, oppure derivano dalla duplicazione di cellule animali: la carne in questo caso viene definita artificiale o anche coltivata.

Per realizzarla vengono prelevate delle cellule dal muscolo di un animale e mantenute vive all’interno di un contenitore che riproduce la stessa temperatura, acidità, ph e quant’altro di un corpo in vita. Attraverso il nutrimento continuo queste cellule si riproducono senza sosta e molto più velocemente rispetto a quello che succede nel corpo di un animale – in poche settimane la crescita delle cellule staminali equivale a quella che un corpo normale raggiunge in circa un anno e mezzo. La carne stampata viene quindi realizzata con una tecnologia simile a quella usata per le torte ma al posto della marmellata, vengono usate cellule duplicate da corpi animali e mantenute ‘vive’ in un laboratorio.

La stampa 3D della carne Steaholder Foods

Carne stampata in 3D. Chi se ne sta occupando

Un esempio del primo caso è il lavoro svolto dalla start up di Barcellona, Novameat, e dal fondatore e CEO italiano Giuseppe Scionti, che lavora sulla generazione dei tessuti bioingegnerizzati in 3D, come i muscoli o la cartilagine, e che riproduce in versione vegetale la struttura fibrosa della carne. Non è difficile pensare che oltre alla carne di manzo sia stata simulata anche quella di altri animali, come quando nel 2020 il colosso del pollo fritto KFC siglò una partnership con Bioprinting Solutions, l’azienda di Mosca specializzata nella stampa 3D dei tessuti organici, per studiare e mettere sul mercato le prime crocchette di pollo, senza pollo.

Dove mangiare il cibo stampato

Era il 2016 quando il ristorante FoodInk di Londra fu il primo a servire del cibo stampato, utilizzando un macchinario che spremeva sul piatto un impasto, molto simile alla fase finale o di glassatura di una torta. A ottobre dello stesso anno FoodInk era arrivato anche a Roma, in un tour mondiale di cene 3D itineranti. Oggi esiste un ristorante a Roma, nel quartiere Parioli, dove è possibile assaggiare prodotti creati con questa tecnologia.

Il posto, Impact Food, si trova nel quartiere Parioli ed è un locale in stile fast food aperto a inizio del 2023. Qui nel menu, oltre agli hamburger a base vegetale di BeyondMeat (di alternative vegetali alla carne ce ne sono parecchie, ne abbiamo raccolte diverse qui) sono presenti anche i prodotti dell’azienda israeliana Redifine Meat, una delle prime a portare sul mercato (e nei ristoranti) la carne artificiale. L’offerta suscita non poca curiosità tanto che molti influencer e addetti al settore sono andati a provarlo, come gli youtubers Giovanni Fois o Lorenzo Prattico.

Dal video dello youtuber Giovanni Fois. L'hamburger di Impact Food a Roma con la carne stampata di Redifine Meat

L’ultimo arrivato, il pesce stampato

L’azienda israeliana Steakholder Foods in collaborazione con Umami Meats di Singapore, ha presentato quest'anno a Rehvot (Israele) il primo filetto di pesce pronto da cuocere e stampato in 3D. Si tratta di filetti creati utilizzando cellule animali, in questo caso di cernia, coltivate e cresciute in laboratorio e poi trasformate in muscoli e grasso. Qui il passaggio finale prevede un’aggiunta di “bio-inchiostro” per dare al prodotto caratteristiche simili a quelle di una carne pescata.

Ma anche tante altre realtà si stanno muovendo a grandi passi verso la produzione di pesce artificiale, come la Bluu Seafood startup biotech nata in Germania, che già dal 2020 attraverso la biopsia di un pesce (ancora vivo) aveva sviluppato in laboratorio intere linee cellulari con la tecnologia staminale. Vengono così riprodotte le stesse cellule del pesce, chiamate “immortalate” perché, a differenza di quelle normali che raddoppiano solo fino a 20 volte, queste sono in grado di crescere in maniera continua e illimitata, senza mai fermarsi. A San Francisco invece, Wildtype ha raccolto oltre 100 milioni di dollari (con investitori del calibro di Jeff Bezos e Leonardo Di Caprio) per sviluppare la produzione di un salmone specifico per il sushi.

Cibo stampato. Cosa si prospetta

Diversi rivenditori stanno cercando di ampliare la loro offerta inserendo questi alimenti a base vegetale nel loro menu (per ora la carne coltivata, detta comunemente “sintetica” è ancora off limits in Italia e in buona parte del mondo), con prezzi anche piuttosto moderati per il consumatore (ad esempio da Impact Food un menu completo con hamburger in 3D viene 15€). A tanta innovazione però si affiancano pensieri e dubbi circa i limiti di questo processo. Sarà un fenomeno dilagante? Sarà una moda che sparirà nel giro di qualche tempo? Siamo esattamente nel momento in cui non sappiamo come andranno le cose.

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