C'è un modo efficace per combattere il granchio blu: mangiarlo
Il Governo promulga le prime misure per contrastare l'invasione dannosa di questa specie aliena. Ma un contributo lo potrebbero dare pescherie, trattorie, ristoranti, cuochi. E i consumi domestici delle famiglie
Non è nuovo dei nostri mari, il granchio blu. Probabilmente il suo arrivo risale agli Anni Quaranta, via nave naturalmente, dalle coste atlantiche dell’America del Nord. È pur vero tuttavia che risale all’ultimo decennio la trasformazione della presenza di questo crostaceo da bizzarro fatto esotico a problema ecosistemico. L’innalzamento delle temperature ha forse favorito le capacità riproduttive di questa specie aliena al Mediterraneo, ponendo le basi per l’invasione. Un'invasione che ben presto ha avuto un impatto diretto sulle specie che sono predate dal granchio blu. Tempi duri dunque per cozze, vongole, telline, specie in ambienti lagunari come il Delta del Po, la Laguna di Lesina o quella Veneta. Tempi durissimi, poi, per gli allevatori che contano per il loro sostentamento sulle specie messe nel mirino da questo “cinghiale dei mali” che grufola grufola e distrugge tutto inclusi fondali, alghe, reti.
Granchio blu. Il decreto del Governo
I danni agli allevamenti ittici e al lavoro dei pescatori sono talmente gravi che nell’ultimo decreto di agosto 2023 il Governo ha deciso di stanziare i primi 2,9 milioni di euro per dare una mano agli itticoltori e per impostare le prime misure di contrasto alla proliferazione di questa razza aliena la cui crescita inizia ad essere insostenibile.
Auguriamoci non sia troppo tardi, ma non c'è dubbio che il Governo arriva buon ultimo rispetto a tante iniziative che negli anni passati hanno cercato di fronteggiare il problema. Un esempio è la società Mariscadores e il progetto Blueat che addirittura - mediante metodi di pesca selettivi e sostenibili - parte da Rimini con un obiettivo ambiziosissimo per un paese gastronazionalista come il nostro: "inserire il granchio blu nella tradizione gastronomica italiana come efficace arma per contrastarne la proliferazione". E così Blueat ha messo su ormai da fine 2021 una linea di prodotti di pescheria tutti a base di granchio blu, "anche perché è buonissimo" spiegano le fondatrici che ne comprano grandi quantità dai pescatori per trasformarlo o rivenderlo.
Il granchio blu è buono da mangiare, anzi è buonissimo
E al di là delle leggi, dei finanziamenti di stato e dei decreti forse proprio questa può essere una chiave di soluzione del problema: il granchio blu è delizioso. Non è stato così da subito. All'inizio pare che il sapore del crostaceo non fosse un granché, ma poi via via, nutrendosi di fauna mediterranea, avrebbe addolcito il suo sapore rendendolo più delicato e dolce. Ad oggi secondo molti è buono come un astice. Una scoperta di questo prodotto, unita ad un prezzo al kg tutto sommato contenuto (10€ e anche meno), potrebbe essere una valida alleata nel contrastarlo. Come? Semplicemente mangiandolo. Comprandolo per casa, facendolo finire sui banchi delle pescherie e dei supermercati (come sta succedendo questa estate in mezza Toscana, primo caso in Italia nella GDO) e rendendolo protagonista dei menu come da un po' avviene a macchia di leopardo sulla costa Adriatica.
Il granchio blu e gli chef: Vettorello, Soncini, Pavan
"Fino a qualche tempo fa i pescatori di qui li prendevano e li buttavano via. Ad un certo punto gli ho chiesto di lasciarmene alcuni e ho inizato a lavorarli" ci racconta il cuoco Tino Vettorello nel suo ristorante al resort Michelangelo di Jesolo mentre assaggiamo un bel piatto di spaghetti al nero di seppia con ragù di granchio blu. E questo animale tanto brutto quanto buono è arrivato anche su una tavola blasonatissima come quella della Capanna di Eraclio, non lontano dalle foci del Po messe a dura prova da questa specie infestante: qui la chef Maria Grazia Soncini lo propone in più di una variante incontrando il grande favore dei clienti. Senza dimenticare Venissa, il meraviglioso ristorante di Mazzorbo, isoletta nel bel mezzo della Laguna Veneta dove gli chef Chiara Pavan e Francesco Brutto hanno inserito questa e altre specie infestanti "dedicando" un menu esclusivamente agli alieni.
Invece di imbarcarsi in faticose e inefficaci lotte contro la proliferazione di certe specie infestanti, alle volte la soluzione è la più semplice: mangiarsele. Se i predatori in natura scarseggiano, diventiamo noi i predatori. E poi ci applichiamo per trovare a questo prodotto un mercato o più mercati nella filiera alimentare. Nella ristorazione, nella grande distribuzione, nelle abitudini gastronomiche dei cuochi ma anche delle famiglie. Pensando che proprio grazie alla pesca intensiva ci sono interi stati americani, come il Maryland, dove le popolazioni di granchi sono ridotte al lumicino. E dove c'è perfino una grande invidia per l'invasione italiana.