Favino, è polemica al Festival di Venezia: "Ferrari interpretato da un americano è appropriazione culturale"
L'attore italiano protagonista di due film presentati alla Mostra del Cinema di Venezia fa un appello in difesa del cinema Italiano e accusa gli americani di appropriazione culturale
Piefrancesco Favino finisce al centro di una forte polemica dopo le sue ultime dichiarazioni nei confronti del collega Adam Driver e del film Ferrari di Michael Mann, in concorso al Festival di Venezia e dove il divo americano interpreta il personaggio di Enzo Ferrari. L'attore italiano, infatti, in occasione della presentazione del nuovo film di cui è protagonista, Adagio di Stefano Sollima, in concorso anche questo a Venezia 80, ha tirato in causa Ferrari e non ha nascosto il suo malcontento nel vedere una stora italiana come quella dell'inventore delle Ferrari raccontata sul grande schermo da grandi produzioni americane e con volti e accenti stranieri che non hanno nulla a che fare con la cultura, la lingua, la storia che stanno narrando. E così come è accaduto con House of Gucci qualche anno fa, ancora una volta l'America, secondo Favino, si è appropriata, con forza, di un pezzo di storia italiana senza averci, di fatto, nulla a che fare.
La recensione di Ferrari di Michael Mann
"I Gucci avevano l'accento del New Jersey, non lo sapevate?" è con questo commento ironico che Favino, nell'incontro di presentazione del film Adagio al Lido di Venezia, introduce la sua polemica su Ferrari di Michael Mann. Favino, infatti, da sempre paladino della difesa del cinema italiano, ha voluto sottolineare come, secondo lui, queste produzioni americane di storie italiane non sono altro che "appropriazione culturale" e come bisognerebbe ribellarsi a questa tendenza del cinema americano.
"Un tempo c’era la capacità di proteggere il proprio cinema - ha detto Favino -. E se avessero prodotto Ferrari qualche anno fa avrebbero chiamato Vittorio Gassmann per interpretare Enzo Ferrari (e non Adam Driver) e invece non ho letto niente che sottolineasse la stranezza che l’abbia interpretato un attore americano ma bisogna parlarne".
Così, Favino, critica la consuetudine degli americani di appropriarsi della storia e cultura italiana e di farlo senza coinvolgere attori italiani creando opere ambientate in italia ma dove i personaggi parlano con un accenti americani e hanno volti stranieri.
“Se un cubano non può fare un messicano perché un americano può fare un italiano? - lamenta, ancora, Favino -. Non vedo perché non si debba parlare di appropriazione culturale se una storia del genere non si faccia con attori italiani e non per forza io ma interpreti del calibro di Toni Servillo, Valerio Mastendrea e Adriano Giannini (suoi colleghi nel film Adagio). Non è divertente il fatto che ci prendano in giro in House of Gucci e se noi dovessimo azzardarci a farlo, dall'altra parte ci aprirebbero le membra".
E, infine, amareggiato, Favino conclude con un appello alla ribellione nei confronti del dominio cinematografico americano: "Servirebbe reagire, per guadagnarsi il rispetto".