Making of è la commedia che Venezia 80 stava aspettando
Un po’ di risate sono sempre gradite, soprattutto al Lido. Anche quest’anno il pubblico ha avuto la sua commedia, e che commedia. Making of di Cédric Kahn è un piccolo gioiellino gustoso, una commedia feroce, malinconica, piena di verità e attualissima nel suo parlarci del cinema in crisi, del suo rapporto con la verità e la società, della difficoltà nel cercare di parlare di un mondo in cui lavorare è diventato sempre più una battaglia quotidiana. Tante risate agrodolci, ma anche molta intelligenza.
Making of ci porta su set incasinato e vitale
Per Simon (Denis Podalydès) il suo ultimo film è una specie di tortura. Vorrebbe girare un racconto di lotta politica, di lavoratori schiacciati dal turbocapitalismo, tratto da una storia vera ed in cui a parte un divo da copertina (Jonathan Cohen) e una giovane promessa (Souheila Yacoub), tutti proprio i lavoratori ad interpretare sé stessi. Peccato che i produttori del film vogliano far diventare il tutto un’opera commerciale, che il suo produttore esecutivo (Xavier Beauvois) lo lasci nelle peste e il suo matrimonio sia quasi al tracollo. Sul set intanto, tra le comparse, c’è anche una giovane comparsa (Stefan Crepon) che sogna di diventare anche lui regista. Simon lo incaricherà di fare il Making of, il film sul film di quest’odissea piena di stressa e assurdità. Con i fondi sospesi nel braccio di ferro in corso dietro le quinte, Simon deve infatti decidere se e come proseguire con il film, come finanziarlo, se cedere alle richieste dei produttori, come tenere a bada il protagonista e cosa sarà della sua vita. Intanto, tante piccole e grandi storie si consumano su quel set coperto di pioggia, in quella fabbrica abbandonata. Making of di Cédric Kahn è una commedia feroce come solo quelle francesi sanno essere (pure su questo ci battono ormai), che spara a pallettoni ma con grande precisione, centrando più bersagli con fare maniacale e divertito. Quel microcosmo diventa non tanto rappresentativo della società francese, ma più precisamente dell’umanità che attorno all’industria cinematografica fa ruotare la propria esistenza. Più ancora, è una riflessione sulla possibilità oggi di avere ancora un cinema politico ed impegnato, autoriale, capace di parlarci della verità, della società. O forse il pubblico va sempre lisciato per il verso giusto? E le nuove generazioni? Cosa possono trovare dietro o dentro una macchina da presa?
Un racconto a più livelli per una commedia cinicamente perfetta
Cast diretto in modo perfetto da parte di Kahn, che ad ognuno dei personaggi assegna una funzione che la regia, intima, stressa, realistica ma anche varia esteticamente, rende pregna di realismo, di verità. Jonathan Coehn è magnifico nel dipingere il classico attore paraculo, narcisista, maniaco, falsamente di sinistra ma in realtà innamorato solo di sé stesso, il radical chic buono per ogni occasione. In Simon invece Kahn mette tutto ciò che anche oggi il cinema è, che una volta eravamo anche noi prima di svenderci alla commedietta familiare: la narrazione di una contemporaneità che cerca di dare un’immagine di verità, per quanto mediata. Sfigato, solo, malaticcio, ha in Podalydès un grande interprete, con il suo sguardo perso, la sua ostinazione quasi biblica. Ma è Crepon che stupisce. Povero ma orgoglioso dei suoi sogni, è tutto ciò che sono stati prima di lui Spielberg, Tarantino, Rossellini, un talento che è pronto a lottare per raccontare qualcosa di vero, di autentico. Making of però parallelamente diventa anche racconto del mondo del lavoro moderno, con i pochi soldi, gli artisti privilegiati incapaci di un sacrificio, la camera che ne mostra eccessi ed egoismi. Cos’è la verità? Esiste davvero una verità? O siamo dentro una Caverna di Platone senza uscita? Domande a cui Making of risponde con una risata amara ma perfetta, con la speranza nei giovani e in chi ama questo mestiere non per la fama o i soldi, ma perché vuole dare qualcosa agli altri. Poteva starci tranquillamente in Concorso od Orizzonti, ma del resto anche Venezia 80 ci conferma (come questo film fa) che il cinema è un mondo spietato, folle ed imprevedibile.
Voto: 8