Le pagelle dei sei film italiani in concorso a Venezia 80
La classifica dei film italiani del Festival di Venezia 2023 dal migliore al peggiore
L'80esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia è quasi giunta al temine e tra i 23 film in concorso per la vittoria del Leone D'Oro ci sono anche sei titoli italiani. È la prima volta che così tanti registi italiani si sfidano, affianco ai loro colleghi stranieri, per aggiudicarsi il titolo di vincitore del Festival di Venezia. Sei storie italiane, quelle di Venezia 80, diversissime tra loro che affrontano svariati temi dalla decadenza della società all'odissea dei migranti, dal mito della Roma degli anni '50 con le sue dive del cinema al mito della criminalità, sempre romana, fino a passare per appelli alla solidarietà e gentilezza. Tra tutti, però, alcuni film ci hanno convinto di più, altri meno. Ecco allora la nostra classifica dei migliori e peggiori film italiani di Venezia 80.
I migliori (e peggiori) film di Venezia 80
Enea di Pietro Castellitto (8 e mezzo)
Tra i film italiani più riusciti del Festival di Venezia 2023 c'è, senza dubbio, l'ultimo lavoro di Pietro Castellitto: Enea. Un film, questo, che conferma la bravura del regista romano e che lo porta al pari dei più grandi registi italiani contemporanei. Intelligente, raffinato, curatissimo in ogni dettaglio tecnico e comunicativo, Enea è una piccola meraviglia di questo Festival di Venezia e, forse, uno dei pochi film in grado, davvero di emozionare e tenere incollati allo schermo.
La recensione di Enea
Io Capitano di Matteo Garrone (8 e mezzo)
Non riconoscere la bellezza di Io Capitano di Matteo Garrone è impossibile. Questo film, infatti, è un racconto epico e toccante di un viaggio reale e metaforico di due ragazzini che, attraversando una serie di pericoli e sfiorando la morte, arrivano a raggiungere il loro sogno: quello di migrare dall'Africa all'Europa. Forte di una grandissima sensibilità e profondità, Io Capitano diventa un mezzo per lanciare un messaggio sociale e politico sui migranti molto forte e un modo per cercare di aprire mente e cuore di chiunque si immerga nella bellezza del suo racconto.
La recensione di Io Capitano
Comandante di Edoardo De Angelis (7)
Dopo aver citato le eccellenze italiane di Venezia 80 passiamo ai film "così-così" e tra questi c'è il film che ha aperto il Festival di Venezia 2023: Comandante di Edoardo De Angelis. Questa pellicola, con Pierfrancesco Favino come protagonista, è un film che si lascia guardare ma che non convince fino in fondo risultando a tratti un po' troppo "patriottico" e moralista. Così, il racconto della vita del comandante dei sommergibili Salvatore Todaro diventa un bell'appello alla solidarietà e alla gentilezza ma dà anche la sensazione di essere più "furbo" che genuino. Nel complesso da guardare.
La recensione di Comandante
Finalmente l'alba di Saverio Costanzo (6 e mezzo)
Un altro film che non ci ha convinti più di tanto è Finalmente l'alba di Saverio Costanzo che da un lato si fa apprezzare, dall'altro lascia un po' l'amaro in bocca e la sensazione che, questo progetto ambizioso di Costanzo, sia stato fatto più per il regista stesso che per il pubblico. Bella l'idea di rompere l'idillio del cinema italiano degli anni '50 e quello della Cinecittà dove tutto sembrava magia ma se dobbiamo giudicare la bellezza, la fruibilità e la sceneggiatura del film il risultato non è eccezionale. Peccato.
La recensione di Finalmente l'alba
Adagio di Stefano Sollima (6)
Passiamo a Stefano Sollima e al suo Adagio che porta, ancora una volta sullo schermo la criminalità romana alla Romanzo criminale che, forse, come tema ci ha un po' stancato. Adagio mostrando la fine della vecchia generazione di criminali della Capitale tra droga, corruzione e quelle vecchie glorie del crimine che sono giunte, ormai, al capolinea della loro carriera e della loro vita, propone una storia non poi così innovativa, avvincente ed emozionante il cui finale è così scontato da aspettarselo già dall’inizio del film. Delusione.
La recensione di Adagio
Lubo di Giorgio Diritti (4)
Ma tra tutti i film italiani, il peggiore è solo uno ed è Lubo di Giorgio Diritti che, forse, in questo festival, non ci sarebbe dovuto neanche arrivare. Lubo è un film lungo tre ore ma che di tutto questo tempo che ha scelto di avere a disposizione non sa cosa farsene. Lubo cerca di raccontare una storia socialmente impegnata, sulle discriminazioni nei confronti degli artisti di strada, ma non riesce nell'intento di sensibilizzare il pubblico sul tema. Con una struttura debole e decisamente confusionaria che si dilunga in scene non necessarie e personaggi poco approfonditi che non riescono mai a comunicare davvero con lo spettatore, Lubo è una sofferenza dall'inizio alla fine, è un film che non riesce a spiegarsi, non riesce a farsi capire e che impedisce alcun tipo di connessione tra personaggi e pubblico. Arrivare alla fine del film? È solo per veri coraggiosi (o masochisti).