In the Land of Saints and Sinners ci dona un Liam Neeson meno prevedibile del solito
Ad Orizzonti Extra è arrivato anche In the Land of Saints and Sinners, diretto da Robert Lorenz e che vede Liam Neeson nuovamente nei panni di un killer solitario. Tuttavia, la sceneggiatura e soprattutto l’apporto di un cast di primissimo livello (e totalmente irlandese naturalmente) permettono a questo film di risultare gradevole, riuscito, un mix di genere dotato di una certa eleganza e stile.
Un killer in pensione nell’Irlanda scossa dal terrore
Nella verde Irlanda degli anni ’70 l’IRA ha ricominciato a farsi sentire. Un gruppo di fuoco comandato dalla bellicosa Sinead (Kerry Condon) ha piazzato un ordigno che ha causato vittime collaterali tra la popolazione civile. In attesa che si calmino le acque trovano rifugio nel piccolo paese di Glencolmcille, situato lungo la costa. Lì vive l’ex reduce della Seconda Guerra Mondiale e sicario Finman (Liam Neeson), a cui però ormai passare le settimane a sotterrare cadaveri nella brughiera non basta più. Dopo aver comunicato al suo boss (Colm Meaney) di volersi ritirare e lasciare spazio al giovane e avventato collega (Jack Gleeson), incrocia però la strada dei terroristi in fuga, a causa delle molestie ad una bambina messe in atto da uno di loro. Sarà l’inizio di un rigurgito di violenza e vendetta senza sosta, in quel piccolo paese dove tutti conoscono tutti, o meglio pensano sia così. Per Finman si tratterà per una volta di mettere le sue abilità al servizio di qualcosa di diverso del denaro In the Land of Saints and Sinners è diretto da Robert Lorenz, con cui Neeson aveva già collaborato al tempo di The Marksman. Rappresenta un mix riuscito ed equilibrato tra thriller e dark comedy, capace di darci uno spaccato culturale e storico non da nulla di quell’Irlanda immutabile nei secoli, fatta di canzoni, pub, risate ma anche di una violenza sotterranea e dolente, che condiziona tutto e tutti. Vagamente connesso al western, con un Neeson che ritorna nei panni del solitario letale ma tutt’altro che malvagio, ha una sceneggiatura gradevole, una bella messa in scena e soprattutto abbraccia un tono realistico tutt’altro che disprezzabile, dove i personaggi contano ma anche l’intreccio, attraverso il quale si definisce un mondo dove bene e male sono tutt’altro che distanti.
Nulla di nuovo o miracoloso, ma un film equilibrato e senza passi falsi
Liam Neeson negli ultimi anni si è sempre più concentrato su film action, spesso di serie b, dove sfruttare il suo carisma e la sua presenza per dipingere uomini duri, segnati dal passato e in cerca di un riscatto. In the Land of Saints and Sinners non fa eccezione, ma per fortuna, al contrario della deprecabile saga di Taken o altre operazioni analoghe, gli mette addosso un personaggio molto interessante, fragile e pieno di dubbi.
A perfetto contraltare la villain di una grintosissima Kerry Condon, a capo di una banda a dir poco terribile di terroristi inetti e pure codardi, di cui più che la leader, è personificazione del terrore che lì ha regnato per tanti anni. In the Land of Saints and Sinners però giova anche di Jack Gleeson e della sua performance sopra le righe, con il suo killer che pare sbucato da uno spaghetti western. Il fu Joeffrey Baratheon di GoT è tornato da un paio d’anni sul grande schermo, qui tratteggia un killer di quelli fanatici, vanesi, ma in fondo soprattutto persi dentro una solitudine esistenziale poco edificante. In the Land of Saints and Sinners alla fin fine più che drammatico è malinconico, con inserti comici molto indovinati ma soprattutto personaggi che per quanto non così imprevedibili nella genesi, sanno allontanarsi dai classici cliché del genere.
Lorenz confeziona un film umile, originale, molto irlandese nel modo in cui sposa una visione volendo anche caustica della vita ma non per questo priva di bellezza o poesia. L’unica pecca è lo scarso spazio dato ad un personaggio come quello di Ciarán Hinds, fuoriclasse che meriterebbe più visibilità, qui in grado di dare nei suoi confronti amichevoli con Neeson sempre qualcosa in più dell’ovvio e del solito. Non è un film memorabile ma non per questo si può obiettare la sua capacità di far affezionare in men che non si dica ai suoi personaggi, di allontanare una visione manichea che con la terra di Michael Collins ha sempre avuto poco a che fare.
Voto: 7