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Giovedì, 18 Aprile 2024
Città Ancona

Inno di Mameli e applausi per Filippo, dimesso dopo essere guarito dal coronavirus

Momenti di gioia e commozione all'Inrca di Ancona durante la dimissione di Filippo, insegnante di educazione fisica in pensione, dopo essere risultato negativo a due test per il coronavirus

Accompagnato dalle note dell’Inno di Mameli, Un ex insegnante di educazione fisica in pensione di 70 anni è stato dimesso dall’Inrca di Ancona dopo essere risultato negativo a due tamponi per il coronavirus. 

Filippo Leoni, originario di Osimo, era stato colpito dal virus a inizio marzo ed era stato costretto a quasi un mese di ricovero nella struttura anconenata. 

Al momento della dimissione, Leoni non è riuscito a trattenere la commozione, mentre intorno a lui il personale sanitario, con indosso tutti i dispositivi di protezione, gli hanno tributato un applauso e lo hanno salutato con affetto. Dall’11 aprile il 70enne è tornato a casa. 

Leoni aveva accusato i primi sintomi intorno al 5 marzo. “Per 10 giorni ho avuto febbre sopra i 38°, poi è arrivata la debolezza e i cibi sembravano cattivi. Il medico di famiglia mi ha detto di chiamare il 118 e quando mi hanno spiegato che il tampone era positivo ho pensato di essere condannato a morte - ha raccontato ad AnconaToday – No, non ci potevo credere che era toccato proprio a me. Medici e infermieri sono stati bravissimi e voglio ringraziarli tutti, ma in quei momenti vedi le cose senza il classico filtro positivo e io, che combattevo tra la vita e la morte, pensavo a come poteva sentirsi Giulio Regeni e tutti quelli che erano torturati. Per due o tre notti non ho neppure dormito”. 

Leoni è stato ricoverato nel reparto di malattie infettive, in una stanza con altri tre degenti infetti, tutti di età superiore agli 80 anni. Una di queste purtroppo non ce l’ha fatta e Leoni l’ha vista morire: “Una notte sono entrati gli infermieri e l’hanno portata via in un sacco bianco, è stata una brutta immagine, però ci sono anche molte persone che ce l’hanno fatta”. 

Durante il ricovero, per Leoni è stata utilizzata la macchina per la ventilazione forzata, che non ha nulla a che vedere con l’intubazione. “La tua respirazione deve essere coordinata con il ritmo del macchinario, non riuscivo a sintonizzarmi e mi pareva di soffocare anche perché la mascherina premeva con forza sul viso”. Medici e infermieri entravano e uscivano completamente bardati dalle protezioni, impossibile vederli in faccia: “Se entrava un addetto alle pulizie lo riconoscevo solo da quello che si metteva a fare. A volte dicevano che fuori era una bella giornata e in quei momenti mi mancava il mio giardino, perché capivo che stava arrivando la primavera”. Gli infermieri passavano anche con i tablet, per chiedere se Filippo o qualcun altro volesse videochiamare qualche familiare: “Ho sempre detto di no, perché i miei cari volevo vederli a casa”.

Poi la situazione è migliorata. “Mi liberavano man mano dai tubi, gli ultimi 10 giorni sono stati quasi una vacanza. Ascoltavo le canzoni rap che compone mio nipote di soli 13 anni, leggevo l’Orlando Furioso e facevo la settimana enigmistica”. Alla vigilia di Pasqua Filippo, dopo due tamponi negativi, ha lasciato l'Inrca: “La prima cosa che ho fatto una volta a casa è stata una gran bella doccia». 

Il pensiero di Filippo va a chi a sta ancora male (“Vorrei abbracciarvi tutti”) e a chi lo ha curato, a cui rivolge un ringraziamento speciale. Ma sopratutto Filippo pensa anche anche a chi in queste settimane di lockdown vorrebbe uscire nonostante le disposizioni: “No, tenete duro, perché vi garantisco che ammalarsi di questa cosa è una gran brutta storia”. 

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