"Paga o ti faccio picchiare dai miei fratelli". Con queste parole un imprenditore edile di Gazzo Padovano era stato ricattato dalla sua amante, Mirela Qato, di 18 anni più giovane.

Lei, 49 anni, vocalist in un piccolo complesso veneto, aveva finto un aborto per estorcergli del denaro. Tanto denaro: soldi e beni (un appartamento) per un valore complessivo di 300.000 euro.

Lui però si era ribellato denunciando tutto ai carabinieri che l’hanno colta sul fatto e arrestata. Giudicata con rito abbreviato la donna, di origine albanese ma residente a Cornedo Vicentino, è stata condannata a due anni e quattro mesi di reclusione.

Quasi fin da subito la cantante aveva ammesso le sue responsabilità, attribuendole però ad una sorta di ripicca amorosa: "È vero, mi sono inventata l’aborto - ha raccontato qualche mese fa al Giornale di Vicenza -  ho raccontato bugie e gli ho chiesto la buonuscita, ma lui mi ha trattato come una di quelle: una donna da usare e poi gettare, alla quale raccontare per avermi, visto che ho vent’anni meno di lui, un sacco di fandonie, umiliandomi".

La donna aveva poi aggiunto: "Voglio difendermi nel merito (nel processo, ndr). Io sono una persona per bene e non accetto l’umiliazione di essere finita in carcere per colpa di quell’uomo che dopo avermi illusa dicendo che mi avrebbe sposata, avremmo avuto una nostra casa e un figlio, mi ha trattato alla stregua di una prostituta: non ci ho visto più. D’accordo, ho sbagliato nel chiedergli i soldi in quel modo, ma ero ferita nell’onore di donna e ho agito d’istinto".