rotate-mobile
Martedì, 23 Aprile 2024
Città Napoli

Napoli, oltre de Magistris “c’è una città in movimento”

Intervista a Ivo Poggiani, passato dall'essere “uno dei centri sociali” al ruolo di presidente della Terza Muncipalità: “Oggi proviamo a portare la politica, la vera politica, in un'assemblea che ha un'età media di 34 anni"

Ivo Poggiani era il candidato che nessuno avrebbe mai candidato. E’ la foto che ha scelto per raccontare la sua storia politica ai cittadini del “suo” Rione Sanità e di tutta la zona Stella-San Carlo Arena a spiegare come Poggiani, 32 anni, non sia un normale politico arrivato alla presidenza della Terza Municipalità: maglietta bagnata dagli idranti al cospetto degli agenti di polizia in tenuta antisommossa durante gli scontri di Bagnoli, “uno dei centri sociali” per dirla con le parole usate da uno dei portavoce del candidato sindaco Gianni Lettieri, mesi passati sulle barricate di Chiaiano per contrastare la logica emergenziale (e in molti casi criminale) della gestione dei rifiuti. Nelle ore conclusive del ballottaggio, Poggiani ha denunciato pubblicamente l’aggressione subita fuori da uno dei seggi elettorali. Preso a cazzotti mentre, insieme al “servizio di volontariato civico”, controllava il regolare svolgimento del voto. 

ivo-poggiani-maglietta-bagnata-2

Presidente – ormai dobbiamo chiamarti così - partiamo dall’aggressione. Senza entrare nella dinamica di quanto accaduto, puoi spiegarci il motivo di quei cazzotti?

A Napoli, sia al primo turno che - soprattutto - al ballottaggio, c'è stata una grande attenzione sul "voto pulito". Il cosiddetto "controllo popolare" lanciato dal centro sociale Opg di Mater Dei ha colpito nell'immaginario collettivo. Davanti ai seggi, a controllare la regolarità del voto, non ci sono stati solo i ragazzi dei centri sociali, come hanno voluto far credere: per la prima volta gli stessi scrutatori si sono sentiti legittimati a denunciare eventuali irregolarità. Questo ha fatto innervosire i sostenitori dei nostri avversari. Le provocazioni sono state tante: li abbiamo fermati mentre distribuivano volantini , e non solo, nei pressi dei seggi. Ci hanno attaccato personalmente. Tipica la frase, molto napoletana, "perché mi stai guardando?". L'aggressione nasce in questo contesto: sono letteralmente impazziti. In particolare nella zona della Sanità, quartiere storicamente di destra, si sono visti erodere un bacino di voti importante. La sconfitta politica praticamente certa ancora prima dell'apertura dei seggi li ha innervositi: abbiamo rotto un loro monopolio. Così mi hanno dato il "benvenuto": stavo camminando, la sera di domenica, da un seggio all'altro quando si è verificata l'aggressione. Ho denunciato tutto prima pubblicamente, poi alle forze dell'ordine, per dare un segnale ai cittadini. Quello di non restare mai più in silenzio. Chi mi ha aggredito non è un ragazzino: è una persona molto conosciuta, legata a un particolare clan della zona. Ma quell'aggressione, ragionandoci a mente fredda, è il simbolo di una vittoria. Significa che abbiamo lavorato bene. Che abbiamo coinvolto la cittadinanza. Che abbiamo rotto il c... alle persone “sbagliate”. Ma continueremo a farlo.

In questa intervista è “vietato” nominare de Magistris come persona: vorremmo andare oltre la logica del nome, superare il concetto di “uomo solo al comando”, e provare a capire, partendo dai territori,  come si è arrivati a un simile risultato per la seconda volta consecutiva.

Napoli storicamente, un po' come Torino, è sempre stata una città in grado di precorrere i tempi politici. Ma se cinque anni fa la vittoria è arrivata inaspettata, stavolta non abbiamo mai avuto la percezione di poter perdere. Nomino Luigi solo questa volta: de Magistris, non avendo delle strutture politiche importanti alle spalle, ha aperto spazi politici e di confronto. Spazi reali. Ed è lì che i terrotori si sono inseriti. Cinque anni fa i consiglieri comunali sono stati eletti con appena duecento, trecento voti a testa. Contavano elettoralmente poco. Era un voto sulla persona, sul candidato sindaco. Stavolta, invece, c'è un consiglio molto più rappresentativo, con candidati che sono arrivati anche a duemila voti: non politici di professione, ma gente dei quartieri, espressione di diversi percorsi sociali. Luigi ha aperto uno spazio, ma quella spazio è stato riempito da chi sui territori ha sempre lavorato fuori dai partiti. Questa è la novità del dato elettorale. A livello di movimento, a Napoli, sono poche le realtà rimaste fuori dalla contesa elettorale: a Scampia, per esempio, l'associazionismo storico ha dato vita a un'assemblea popolare che, tre mesi prima delle elezioni, ha deciso il suo presidente di Municipalità. E' finita l'epoca della spartizione delle candidature. Qui è scomparso il manuale Cencelli. 

Più che la sconfitta del centrodestra, le comunali di Napoli hanno mostrato il crollo del Partito democratico. Senza entrare in dinamiche nazionali, qual è l’idea di questa debacle che ti sei fatto “camminando” tra i vicoli della città?

Rispondo in maniera franca: questi politica non la fanno più. Non mi riferisco alla base del Pd, ma ai vertici. Non c'è stato ricambio generazionale, solo correnti che si auto-distruggono. Il Pd, oggi, è una realtà debole che non interpreta più i bisogni dei napoletani, che non è in sintonia con la pancia della città. Sono rimaste solo piccole sezione che lavorano "come una volta", ma sono residuali.

A differenza di Roma e Torino, con una netto distinguo rispetto alla Milano ancora contagiata dall’effetto Expo, a Napoli sembra non esserci spazio per il Movimento 5 stelle… 

Partiamo da un presupposto. Qui hanno sbagliato la figura del candidato sindaco. Poi c'è da considerare un altro fattore. Il Movimento 5 stelle non ha puntato minimamente su Napoli perché sapevano che lo spazio "di Grillo", qui, era già occupato da de Magistris. Manca il terreno fertile dell'anti-partito. A Roma, il voto che ha premiato Virginia Raggi è sì un voto di opinione, ma collegato a un vero movimento, presente nei quartieri con i famosi gruppi di lavoro. Qui a Napoli tutto ciò non esiste. A Napoli, chi è fuori dai partiti sta con "DeMa". Un esempio: nelle tante battaglie anti-camorra che abbiamo fatto, c'erano al massimo tre, quattro grillini ad ogni manifestazione. La risposta è semplice: gli attivisti del M5s, a Napoli, sono pochi. Per questo penso che il risultato ottenuto dai grillini, alla fine, non è stato poi così negativo: hanno preso un bel gruzzolo di voti d'opinione, ma solo quelli.

Una domanda necessaria sul tuo quartiere: che significato ha per uno “della Sanità” crescere all’interno dei movimenti “del no” e ritrovarsi a dover guidare, a 32 anni, una della Municipalità più complicate di una città complicatissima come Napoli?

Ormai sono dieci anni che faccio il consigliere municipale. Sono stato cinque anni fa candidato presidente di un’altra municipalità. Ma allora de Magistris fece un accordo con il Pd per andare "insieme" nei Municipi. Quest'anno, invece, siamo andati da soli e la scelta ci ha premiato. Quanto al mio incarico, manterrò poche deleghe nelle mie mani: tra queste, la partecipazione. Il motivo è semplice: rendere "istituzionali" le assemblee popolari che ci sono nei vari quartieri, dar loro un vero potere in tema di bilancio partecipato con la possibilità di presentare ordini del giorno che poi dovranno obbliagatoriamente essere discussi dal Consiglio municipale. Oggi proviamo a portare la politica, la vera politica, in un'assemblea che ha un'età media di 34 anni. 

A sinistra, come ormai è solito dopo ogni elezione, si analizzano i dati, si leccano le ferite e si cerca un modello “vincente” esportabile altrove. Napoli è un modello riproducibile in altre metropoli italiane o è qualcosa destinato a restare confinato sotto al Vesuvio?

Per rispondere ci vorrebbe la palla di vetro: noi abbiamo fatto un grande lavoro politico, siamo stati presenti in ogni angolo dell'area metropolitana napoletana. Il tema della Terra dei Fuochi ci ha portato a girare tutta la Regione e la sensazione è che la gente ci stia aspettando, sono in attesa di una nuova esperienza politica. La stessa sensazione ce l'ho anche con i compagni di altre città. A sinistra c'è spazio, ma questo spazio non può essere riempito da nuovi "partiti" che imbarcano vecchi politici. O si cambia il modo di agire, come accaduto a Napoli, o si resterà sempre confinati nel partitino del tre, quattro per cento, lavorando in un ambito politico che non interpreta più i bisogni della gente di sinistra. Una cosa è certa: il modello Napoli, quello che "scompagina", è riproducibile e sarebbe ben visto da chi vive nell'attesa di un nuovo soggetto di sinistra che possa essere frutto di una vera apertura politica. 

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Napoli, oltre de Magistris “c’è una città in movimento”

Today è in caricamento