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Giovedì, 25 Aprile 2024
Città Palermo

"Era protetto dai boss mafiosi", beni per 150 milioni confiscati al "re" dei supermercati

L'appoggio di Cosa nostra gli avrebbe permesso di acquisire imprese concorrenti ed anche di evitare il pagamento del pizzo

Beni per circa 150 milioni di euro sono stati confiscati dai finanzieri del comando provinciale di Palermo all'imprenditore Carmelo Lucchese, 56 anni, attivo nel settore della grande distribuzione alimentare. Il decreto è stato emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo su richiesta della locale Dda. Oggetto della confisca di primo grado sono, tra le altre cose, le quote societarie e il compendio aziendale della Gamac Group srl, che all'epoca del sequestro (eseguito dalla Guardia di finanza nel febbraio 2021) gestiva 13 supermercati tra Palermo e provincia (Bagheria, Carini, Bolognetta, San Cipirello e Termini Imerese). "Gli esercizi commerciali - spiegano gli inquirenti - sono stati nel frattempo ceduti a terzi dall'amministratore giudiziario nell'ambito delle linee guida approvate dal tribunale e, pertanto, oggetto della confisca è il ricavato della vendita".

"Imprenditore protetto dai boss"

Per i giudici l'imprenditore, "seppure non organicamente inserito nell'organizzazione criminale, sia da ritenersi 'colluso'", avendo operato, almeno dal 2004, "sotto l'ala protettiva di Cosa nostra, in particolare la famiglia di Bagheria". Secondo gli investigatori proprio la protezione offerta dal clan avrebbe scoraggiato la concorrenza, anche con danneggiamenti, e avrebbe consentito all'imprenditore di acquisire imprese concorrenti, risolvere le problematiche sorte nella gestione delle sue imprese (comprese quelle relative ai rapporti di lavoro con i dipendenti), dirimere controversie con i propri soci, ottenendo la possibilità di rilevare l'impresa contesa e beneficiando di una dilazione dei pagamenti e di evitare il pagamento del pizzo nella zona di Bagheria e, grazie alla mediazione della locale famiglia mafiosa, contrattare la "messa a posto" con i clan palermitani.

Il "trucco" per eludere i controlli

"L'indagine testimonia le nuove e sempre più sofisticate modalità con cui gli imprenditori in affari con la mafia tentano di 'proteggere' il proprio patrimonio". A dirlo sono gli investigatori. Nel corso degli accertamenti eseguiti dagli specialisti del nucleo di Polizia economico finanziaria - Gico di Palermo, infatti, è emerso che l'impero imprenditoriale di Lucchese era stato devoluto a un trust. "Grazie a questo strumento giuridico - spiegano dalla Guardia di finanza -, le possidenze societarie e immobiliari dell'imprenditore sono state formalmente trasferite a un professionista (cosiddetto trustee), incaricato di gestirle come se ne fosse proprietario, assumendo, cioè, le principali decisioni relative alla vita dell'azienda e degli altri beni". Tuttavia, dall'approfondimento della documentazione acquisita, dalle evidenze raccolte dai finanzieri nell'ambito di diversi procedimenti penali è emerso che "il trust in questione era un mero espediente fittizio per schermare la titolarità delle proprietà". In altri termini, l'imprenditore avrebbe trasferito solo sulla carta tutti i poteri sui beni al trustee, ma nella realtà non ne aveva mai perso il controllo e la disponibilità.

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