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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Investito e ucciso il pm di Milano Marcello Musso

Era in bici quando è stato investito. Era riuscito a far condannare all'ergastolo Totò Riina. Sua anche l'inchiesta "Pavone", sul traffico di droga in Brianza e la firma sulla condanna della coppia dell'acido formata da Martina Levato e Alexander Boettcher

Il pm di Milano Marcello Musso è morto dopo essere stato investito da un'auto mentre viaggiava in bicicletta su una strada provinciale ad Agliano Terme, in provincia di Asti. Musso, 67 anni, stava rincasando nel pomeriggio di venerdì 16 agosto a bordo della sua bicicletta nell'abitazione di famiglia ad Agliano Terme, paese di cui è originario e dove era tornato in questi giorni per fare visita alla madre.

Come riferiscono i carabinieri, intervenuti sul posto per gli accertamenti, Musso si trovava ad appena 20-30 metri da casa quando è stato falciato. La vittima stava svoltando a sinistra quando la vettura, che proveniva dalla sua stessa direzione e che probabilmente non lo ha visto, lo ha investito in pieno.

Il pm milanese è caduto violentemente a terra battendo la nuca. È morto sul colpo. I soccorritori ne hanno potuto solo confermare il decesso.

A chiamare i soccorsi è stata la persona alla guida dell'auto, un agricoltore della zona, classe 1972. Incensurato, non è risultato positivo all'alcool test. Nei suoi confronti si procederà probabilmente per omicidio stradale, ma sono ancora in corso gli accertamenti per stabilirne i profili di reità.

Chi era Marcello Musso

Astigiano d'origine e "contadino nell'animo", come amava definirsi lui stesso, Musso aveva iniziato a lavorare in Sicilia, combattendo i corleonesi: una battaglia che poi aveva proseguito anche al Nord, a Milano, da dove era riuscito a far condannare all'ergastolo Totò Riina, il capo dei capi. 

Sua anche l'inchiesta "Pavone", sul traffico di droga tra Quarto Oggiaro, la Brianza e Mariano Comense, anche quelle terre di malavita organizzata, terre di chili di cocaina mossi in giro per il mondo e di legami, stretti e saldi, con la 'ndrangheta. 

E c'è la firma di Musso anche sul processo contro Martina Levato e Alexander Boettcher, la coppia dell'acido poi condannata definitivamente: lei a diciannove anni e sei mesi e lui a ventuno anni perché ritenuto l'ideatore. Proprio quelle condanne avevano spinto il magistrato a chiedere che il figlio di Martina e Alexander venisse dato in adozione, con Musso che aveva portato un regalo al piccolo in clinica e davanti ai giornalisti si era lasciato andare a un commento dolce, quasi da nonno, dicendo: "Il bimbo è bellissimo". 

Durante quel processo, il magistrato della direzione distrettuale antimafia era finito anche nel mirino di qualcuno, che lo aveva pedinato. Il 3 aprile, tornando da una delle sue solite lunghe giornate al palazzo di giustizia meneghino, Musso aveva trovato nella sua cassetta della posta due lettere anonime, scritte in un italiano stentato, che attaccavano il suo lavoro per il processo sulla coppia diabolica e - presumibilmente - per l'operazione Pavone. 

"Ti piace vedere gente portata in manette", si leggeva, con una sorta di citazione di uno degli arresti per la 'ndrangheta al Nord. E ancora: "Ti immischi anche nel bambino - probabile riferimento al figlio della Levato -, rippeti che sei orgoglioso discrazie degli altri ma attento. Acido ce n'è anche per te".

Inizialmente, nonostante le minacce neanche tanto velate, a Musso era stata negata la scorta, poi arrivata in un secondo momento.

L'ultima grande inchiesta firmata da Musso è arrivata a compimento a fine luglio, con la scoperta di un enorme giro di cocaina dal Perù alla Lombardia: la droga veniva fatta arrivare in Italia intrisa nelle copertine dei romanzi e poi lavorata in un'officina abusiva a Trezzano sul Naviglio, anche grazie a un'ambulanza del 118.

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