Giampiero Carvone, ucciso in stile mafioso a 19 anni per uno "sgarro"
Il ragazzo sarebbe stato freddato da un pregiudicato di 26 anni, arrestato dopo oltre due anni di indagini, per avere rivelato i suoi complici in un furto d'auto
Ucciso per avere "parlato troppo". Ecco il motivo per cui il 10 settembre 2019 a Brindisi è stato freddato il 19enne Giampiero Carvone. Dopo oltre due anni di indagini è arrivata la svolta e la polizia ha arrestato il presunto killer - un pregiudicato di 26 anni - e ricostruito le dinamiche che hanno portato al delitto.
In manette, come scrive BrindisiReport, Giuseppe Ferrarese, già sottoposto agli arresti domiciliari per una tentata rapina avvenuta nel dicembre 2019 ai danni del bar RossoNero, in via Pace Brindisina. Il ragazzo all’alba di oggi, lunedì 27 giugno, è stato condotto in carcere. Le indagini sono state condotte dai poliziotti della Squadra Mobile di Brindisi, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Lecce. Hanno avuto un peso anche le dichiarazioni di alcuni testimoni di giustizia.
L'agguato e la morte di Giampiero Carvone
Il 10 settembre 2019 Giampiero Carvone è sotto casa, in via Tevere nel rione Perrino. E' appena uscito dal portone quando vengno esplosi almeno tre colpi di pistola calibro 7.65. Il killer lo ha colpito alle spalle, era nascosto in un varco che collega via Tevere alla strada parallela. Un proiettile colpisce Carvone. Altri due centrano una Mercedes parcheggiata di fronte al portone. Il padre di Carvone, allarmato dagli spari, scende in strada per soccorrere il figlio, mentre il killer si dilegua verso Corte Sele. Carvone è ancora vivo ma in condizioni disperate. Poche ore dopo muore all'ospedale Perrino.
Ucciso per avere parlato troppo
Secondo gli inquirenti, Carvone è stato freddato in stile mafioso per avere "parlato", cioè per avere riferito nell'ambiente della malavita i nomi dei suoi complici in un furto d'auto ai danni di un brindisino legato a un noto esponente della criminalità locale. Carvone avrebbe pagato con la vita lo "sgarro". "Probabilmente in ragione della giovane età - scrivono gli inquirenti - il 19enne non era riuscito ancora a comprendere il codice di comportamento mafioso". Nel dispositivo il Gip scrive che "Il ragazzo è stato ucciso per porre fine a una situazione 'scomoda' che per l'autore dell'omicidio poteva trovare soluzione solo con l'eliminazione fisica del giovane, definito come 'esuberante' e, in quanto tale, non gradito negli ambienti malavitosi nei quali, nonostante tutto, era inserito". Giampiero Carvone "muore a causa di un furto d'auto e del successivo danneggiamento della stessa - prosegue il gip - dovuto a un sinistro stradale, furto perpetrato in danno di persone 'sbagliate'. Ma muore fondamentalmente per avere fatto 'l'infame', avendo riferito a un uomo di spessore, assai temuto, i nomi dei suoi complici nel furto, tra cui proprio l'indagato".
Una questione di "rispetto"
Per il gip "l'assurdità dell'omicidio dell'appena diciannovenne è evidente se si consideri che, in una città dove i furti d'auto si contano a decine, il motivo che origina l'episodio delittuoso sia proprio da ricercare in un fatto reato talmente diffuso da non preoccupare più nessuno, o meglio, da preoccupare solo chi, inserito in organizzazioni criminali, è tenuto al rispetto e ad essere rispettato in quanto mafioso e il 'rispetto è imposto ad ogni sodale o ad ogni 'promesso' quale risultava essere Giampiero Carvone".