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Sabato, 20 Aprile 2024
Città Bari

Il giallo di Margherita, trovata morta nella fabbrica abbandonata: dopo anni c'è la svolta

I resti di una donna polacca, da molti conosciuta come "Margherita", erano stati ritrovati da alcuni ragazzini nelle ex Acciaierie Scianatico a Bari nel maggio 2017. Il delitto risale al 2012, cinque anni prima: ora la svolta, arrestato l'ex compagno

La morte risale a sette anni or sono, i resti furono trovati due anni e mezzo fa. Ora la svolta. I resti di una donna polacca, Malgorzata Szlezak, 50 anni, da molti conosciuta come "Margherita", erano stati ritrovati nelle ex Acciaierie Scianatico a Bari nel maggio 2017. Il delitto, secondo quanto appurato dagli investigatori, risale al 2012.

"Margherita", trovata morta nelle ex Acciaierie Scianatico

Le indagini sono state lunghe e particolarmente complesse. Non è stato facile nemmeno in primis dare un nome a quei poveri resti. Lo scheletro, avvolto nel cellophane, fu trovato avvolto con del nastro adesivo e coperto con delle assi di legno, una sorta di improvvisata bara. La donna, così è stato ricostruito dagli inquirenti, viveva come senza fissa dimora e a Bari alloggiava in strutture di accoglienza o edifici abbandonati.

Arrestato l'ex compagno della donna: accusato di omicidio volontario

La notizia è confermata da Ansa e media locali: è stato arrestato l'ex compagno della donna, I.P., ora accusato di omicidio volontario: è un 53enne pregiudicato. Le indagini sulla vicenda partirono dopo il ritrovamento dello scheletro della donna, su segnalazione di alcuni ragazzini che usavano la struttura abbandonata per giocare.  Accanto alle ossa, gli investigatori, coordinati dal pm Gaetano De Bari, trovarono un laccio emostatico e questo fece inizialmente pensare ad una morte per overdose di droga. Le successive indagini, anche grazie ad accertamenti tecnici di tipo genetico, hanno consentito di identificare la vittima e ricostruire cause e responsabilità del decesso di "Margherita".

Le complesse indagini sull'omicidio di 'Margherita'

Le indagini iniziano il 10 maggio 2017, quando, all’interno del vano tecnico dell’ultimo piano di uno degli edifici dell'ex fabbrica, venne rinvenuto un cadavere completamente scheletrito, coperto da assi e cassette di legno, quasi a formare una “bara”. I resti erano avvolti, in tutto la loro lunghezza, da nastro adesivo e presentavano intorno alle ossa del polso due braccialetti, il primo in cotone, multicolore, ed il secondo in plastica verde con la scritta “Coca Cola UEFA Euro 2012”. Infine, sotto le ossa del bacino c'era un reggiseno in tessuto chiaro, non agganciato. In fase di sopralluogo, in alcune stanze del secondo piano dell’edificio, furono rinvenuti numerosi capi di abbigliamento, soprattutto femminili, alimenti e masserizie varie, tanto da far presumere che la struttura fosse stata abitata da soggetti senza fissa dimora ed è in tale ambito che vennero svolte specifiche attività,  rese ancora più incisive a seguito dei risultati dell’esame autoptico che stabilì che i resti scheletrici erano appartenuti ad una donna, deceduta a giugno del 2012, a causa di uno “shock traumatico ad alta componente emorragica, nel corso ed a causa di una violenta ed efferata aggressione”.  L’avvenuta consapevolezza di essere di fronte ad un efferato omicidio risalente a cinque anni prima, aveva determinato l’esigenza di costituire un gruppo di lavoro tra la Squadra Mobile Sezione Reati Contro la Persona e l’Unità Delitti Insoluti, con personale del Servizio Centrale Operativo e del Servizio di Polizia Scientifica, della Direzione Centrale Anticrimine. 

Le scritte decisive per identificare la vittima

Le attività investigative si orientarono, sin da subito, all’identificazione della vittima. La presenza di alcune scritte, dal contenuto “Ignazio e Margherita non rompete i c......”, su due porte d’ingresso alle stanze del secondo piano, indusse gli inquirenti ad acquisire e valutare tutti gli interventi eseguiti dal personale medico del 118 e dalle Forze dell’Ordine, nel quartiere Fesca – San Girolamo, alla ricerca di senza fissa dimora con quei nomi di battesimo. Venne accertato che la cittadina polacca, identificata compiutamente (attraverso il Servizio per la cooperazione internazionale di Polizia) in Szlezak Malgorzata, nata il 29 maggio 1962 a Dabrowa Gornicza (Polonia), conosciuta tra i senza tetto con il nome di “Margherita”, in più occasione aveva beneficiato, sino al mese di maggio del 2012, di una pluralità di interventi del 118 e della Polizia di Stato. L’ipotesi investigativa che i resti umani potessero appartenere in vita a Szlezak Malgorzata trovavano ulteriore e definitiva conferma nei risultati di genetica forense che a seguito della tipizzazione del profilo genetico dello scheletro, eseguì la comparazione con il campione biologico estratto da un tampone eseguito sulla Szlezak Malgorzata a seguito di una violenza sessuale subita nel 2009.

Sui muri erano anche state rinvenute altre scritte il cui contenuto apparve decisamente raccapricciante se messe in relazione al rinvenimento del cadavere. “Mi dispiace chi sbaglia paga – mi ami ma devo morire” “Tu muori qua”. Tali scritte furono sottoposte ad un raffronto grafico che "oltre ad attribuirne incontrovertibilmente la paternità a I.P.", determinavano ulteriormente per gli investigatori la sua presenza all’interno dell’appartamento. Dalla ricostruzione eseguita nelle indagini emerse che la relazione tra la vittima ed il suo assassino risaliva al settembre/ottobre 2011.

Inizialmente ospiti del campo di accoglienza della Croce Rossa Italiana di via di Maratona, i due occuparono poi abusivamente uno stabile abbandonato in via Beltrani e, dopo il suo sgombero, trovarono rifugio nei locali delle ex acciaierie, tenendo nascosto a tutti quest’ultimo domicilio. Contestualmente vennero svolte attività tecniche di intercettazione sia ambientale che telefoniche tra vari soggetti che nel corso del tempo avevano avuto contatti con la coppia: "Essi confermarono - dicono gli investigatori - l’insano rapporto, basato su violenze, vessazioni ed un totale isolamento della donna, sfociato poi nell’efferato omicidio".

Il tentativo di depistaggio

Dalle dichiarazioni di alcuni testi emerse inoltre che subito dopo la “scomparsa” di Margherita, hanno ricostruito gli investigatori, I.P. aveva messo in atto una vera e propria attività di depistaggio, riferendo a tutti che la sua compagna era rientrata improvvisamente in Polonia, fornendo anche talune motivazioni, successivamente smentite, per rendere più credibile l’improvvisa scomparsa. E così iniziò a consolidarsi un pieno quadro probatorio a carico di I.P.. Questi infatti avrebbe in più circostanze riferito a tutti i suoi amici e conoscenti che la povera Margherita era tornata in Polonia, accompagnata da lui stesso alla fermata del pullman per il rientro a casa.

Gli amici di Margherita avevano detto agli inquirenti le diverse versioni fornite da I.P. sulla partenza della donna. In tale contesto, emersero altresì delle importantissime captazioni ambientali dalle quali  si riuscì a dimostrare che l’indagato in compagnia di un suo amico aveva bruciato gli  abiti della povera Margherita, nel vano tentativo di sottrarre utili elementi probatori a suo carico. In ultimo, determinanti - spiegano gli investigatori - sono state le dichiarazioni rese dall’ultima compagna dell’uomo, anch’essa vittima di maltrattamenti, alla quale, ponendo in atto talune ulteriori vessazioni e con il chiaro intento di intimorirla, I.P. esternò la minaccia di farle fare la stessa fine di “Margherita”. Gli elementi così acquisiti dal gruppo investigativo della Polizia di Stato hanno consentito alla Procura della Repubblica di richiedere ed ottenere dal Giudice per le Indagini preliminari l’odierna misura cautelare.

Omicidio Margherita Bari: il sopralluogo nella fabbrica abbandonata (video)

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