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Giovedì, 25 Aprile 2024
Catania

Prostitute come schiave: costrette a vivere senza documenti e solo patate da mangiare

L'attività investigativa è nata da una denuncia per questioni riguardanti il pagamento di un affitto

La squadra mobile di Catania ha arrestato nove persone ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di tratta di persone, riduzione in schiavituù e associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione, aggravati dalla transnazionalità. L'attività investigativa, avviata nel giugno del 2020, è avvenuta a seguito di una denuncia sporta da due cittadine bulgare nei confronti di un'altra cittadina straniera per questioni riguardanti il pagamento dell’affitto delle postazioni su strada "joint", nei pressi di un bar vicino alla stazione ferroviaria, dove le denuncianti erano solite prostituirsi.

Come riporta anche CataniaToday, in manette sono finiti: Milanov Emil Ivanov, detto Emil, (classe '79); Milanova Milena, detta Miriam, (classe '90); Kozarova Maria, detta Zina, (classe '94), Corrado Massimo (classe '78), agli arresti domiciliari; Barbera Francesco (classe '71); Caruso Giuseppe (classe '76); Coco Alessandro Santo (classe '90); Angelova Elena (classe '78); M.A. (classe '48), sottoposto all’obbligo di dimora nel comune di Catania.

Le vittime di tratta, alcune delle quali reclutate in madrepatria al costo di circa 12.000 lev (moneta bulgara corrispondente a circa 6mila euro), una volta in Italia, venivano collocate in abitazioni fatiscenti, con pessime condizioni igieniche, private di ogni libertà, anche dei documenti di identità, e sfamate con lo stretto necessario per farle sopravvivere. Infatti, secondo quanto riportato dagli inquirenti, alle ragazze veniva dato poco cibo e pietanze poco costose come le patate, garantendo al gruppo criminale un introito costante di circa 1.400 euro a settimana.

Il modus operandi era quello di obbligare le ragazze, definite dagli indagati letteralmente come “spazzatura”, bokluk in lingua bulgara (da cui pende anche il nome l’indagine) a prostituirsi per molte ore ogni giorno: dalle 19 alle 5 del mattino seguente. Orari forzati anche durante le restrizioni imposte dalla pandemia, con ogni condizione atmosferica, picchiate e vittime di soprusi di ogni tipo, sempre sotto l’asfissiante controllo dei connazionali.

Nessuna pietà neppure per una ragazza in particolare, che è risultata essere anche particolarmente vulnerabile perché disabile. Proprio lei era finita forse nel posto peggiore possibile, cioè a casa di Milanov Emil, che per la polizia era il vertice dell’organizzazione. Dalle dichiarazioni rese dalla giovane é emerso un quadro drammatico fatto di maltrattamenti perpetrati dall’intero gruppo che, approfittando della sua particolare fragilità, la costringeva non solo a prostituirsi, ma anche a svolgere mansioni domestiche, come cucinare. Veniva anche sottomessa con punizioni ingiustificate, come quando la svegliavano in piena notte per insultarla e picchiarla.

L’indagine prosegue perché nell’operazione sono stati sequestrati telefoni cellulari e denaro in contante. Per la polizia l’associazione per delinquere trova riscontro nono solo nel numero dei componenti nel gruppo, ma anche nel fatto che, oltre ai vertici, c’erano anche ruoli ben distinti nell’organizzazione.

All’appello manca solo un altro uomo, un bulgaro indagato per gli stessi reati e destinatario della misura cautelare in carcere. Al momento è irreperibile ed é ricercato. 

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