Violentata per anni dal patrigno, costretta ad abortire e venduta come sposa
L'uomo accusato viene definito dal giudice un "vero padrone portatore di una mentalità arcaica" in grado di esercitare "una sorta di diritto di proprietà
Abusata e stuprata per anni. Costretta a subire quelle violenze in silenzio per paura di altre ritorsioni. Venduta in sposa due volte, in cambio di denaro. E obbligata ad abortire per nascondere la verità. È l'incubo, senza fine, vissuto da una donna oggi 38enne che per quasi venti anni è stata "schiava" del suo patrigno, un 73enne italiano che nei giorni scorsi è stato condannato a 10 anni e mezzo di reclusione per violenza sessuale aggravata.
La sentenza, con rito abbreviato, è stata emessa dal giudice per l'udienza preliminare Guido Salvini dopo l'inchiesta coordinata dal pm Michela Bordieri. Il procedimento era nato nell'estate 2020, quando i carabinieri erano intervenuti a casa della vittima - a Milano - dopo un litigio proprio con il suo patrigno perché lei aveva deciso di "liberarsi" di lui e andare a vivere con il proprio fidanzato. In quel caso, la 38enne aveva trovato il coraggio di raccontare tutto - lo aveva fatto una prima volta nel 2005, ma poi aveva ritrattato per paura - denunciado quello che era costretta a subire da anni, con la prima violenza che sarebbe avvenuta addirittura nel 2001, quando lei era appena 18enne.
Le indagini, e la successiva sentenza, arrivata a fine 2021, hanno così verificato che tra il 2005 e il 2020 la donna era stata più volte violentata dal patrigno, sempre all'interno della casa familiare. In due occasioni, nel 2005 e nel 2009 la vittima era stata costretta ad abortire, mentre nel 2007 aveva dato alla luce una bimba. Non solo stupri, però. Perché tra il 2007 e il 2016 la ragazza sarebbe anche stata obbligata a due matrimoni combinati con cittadini stranieri che così avrebbero ottenuto il permesso di soggiorno e che avrebbero versato al 73enne 2.500 e 5mila euro.
Nelle pagine della sentenza, agghiaccianti, vengono ripercorsi anche altri abusi che l'uomo avrebbe commesso un paio di anni fa contro un’amica di famiglia, anche lei rimasta zitta per evitare guai alla compagna e alla figliastra dello stupratore. Un uomo che lo stesso Gup definisce un "vero padrone portatore di una mentalità arcaica" in grado di esercitare "una sorta di diritto di proprietà, di potestà dominicale, evidentemente per tenere sempre avvinta a sé" la ragazza, "al fine di poter dare sfogo ai suoi impulsi sessuali". Almeno fino a quell'estate in cui lei ha deciso di "liberarsi".