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Giovedì, 25 Aprile 2024
Il giallo / Padova

Ahmed trovato morto nel fiume a 15 anni: tutto quello che non torna

Ci sono ancora tanti aspetti da chiarire, le indagini sono solo all'inizio e gli inquirenti hanno assicurato che non sarà lasciato nulla di intentato

Ieri è stato trovato il corpo senza vita di Ahmed Jouider, il 15enne scomparso una settimana fa nel Padovano. Il cadavere è stato recuperato in mattinata dai vigili del fuoco nel fiume Brenta sotto la passerella pedonale che collega Torre a Cadoneghe: era a circa sette metri di profondità. Poco lontano era stato trovato il telefonino del ragazzo.

Ahmed Jouider: il giallo del giovane trovato morto nel fiume

Ci sono ancora tanti aspetti da chiarire, le indagini sono solo all'inizio e gli inquirenti hanno assicurato che non sarà lasciato nulla di intentato. Giovedì scorso, intorno alle nove e mezza di sera, Ahmed è in casa a Mortise, frazione del comune di Padova, quando decide di uscire. Prende la bicicletta e dice alla madre e alla sorella che deve incontrare alcuni amici. Quando l'orologio segna le due di notte mamma e sorella chiamano i carabinieri: si scoprirà che il 15enne non ha visto gli amici, che ha mandato dei messaggi all’ex fidanzatina, una ragazza di Cadoneghe, in cui dice di avere paura di qualcosa o qualcuno. Poi un messaggio di saluto al migliore amico in Francia. Non c'è altro. Sul corpo di Ahmed a un primo esame non ci sarebbe nessun apparente segno di violenza. La morte sembra essere sopraggiunta per annegamento, ma solo l'autopsia potrà chiarire altri dettagli. Viene definito da chi lo conosceva bene come un ragazzino tranquillo, studioso, su di lui non c'è mai stata alcuna segnalazione che possa ricondurlo a giri strani o pericolosi.

Si analizzano le ultime ore, si scava nei ricordi per individuare un qualche dettaglio. Giovedì scorso la mamma e la sorella l'avevano salutato ricevendo un insolito bacio sulla fronte. Non era da lui manifestare il suo affetto: "Vado a incontrare gli amici davanti al patronato", aveva detto prima di uscire. Poi un'ultima telefonata alla madre: "Sono davanti al Cristo (la chiesa del quartiere, ndr). Vi voglio bene". Gli ultimi segnali del cellulare arrivano proprio dall'argine del fiume. Nei giorni seguenti spunterà l'inquietante messaggio vocale mandato su WhatsApp la sera della scomparsa alla sua ex fidanzatina: "Ho delle questioni in sospeso con alcune persone, mi minacciano. Penso che morirò. Oppure se non muoio avrò delle ferite gravi. Ma penso che morirò".

C'era davvero qualcuno che lo minacciava?

Il corpo di Ahmed è stato trovato grazie al segnale gps del telefonino: uno smartphone che lui stesso probabilmente aveva abbandonato sul parapetto del ponte nella cintura urbana di Padova. Un passante vede il cellulare abbandonato e se lo prende, gli toglie la sim e mette la propria. Quando lo riaccende, il codice Imei lancia un segnale e la polizia si presenta a casa sua. Racconta dove ha trovato il telefono, e così le ricerche si sono concentrate nella zona in cui poi è stato effettivamente trovato il cadavere nel Brenta.

C'era davvero qualcuno che lo minacciava? E perché nelle ore precedenti alla scomparsa Ahmend aveva detto bugie agli amici, sostenendo di essere stato in ospedale per un problema alla schiena quando in realtà non era uscito di casa? Secondo i compagni di classe, da cui era benvoluto e che l’avevano eletto rappresentante, Ahmend non era più sereno da qualche tempo. C'è qualcosa che non torna: riscontri oggettivi alle minacce non ce ne sono, siamo nel campo delle illazioni. La Procura di Padova ha aperto un’inchiesta per istigazione al suicidio, fatto che permette una serie di accertamenti tecnici,

Qualcuno traccia un parallelo con la morte di Henry Amadansun, il diciottenne di origini nigeriane deceduto lo scorso mese di settembre nello stesso punto del Brenta, anch’egli in circostanze poco chiare. Sul luogo del ritrovamento ieri c'era anche il padre, che non vedeva il 15enne da quando era piccolo ma che ha seguito con la madre tutta la fase delle ricerche. "Ahmed non si sarebbe mai ucciso. È stato spinto a farlo da qualcuno": la madre vuole tutta la verità sulla tragica fine del figlio, strappato alla vita a soli 15 anni. Il primo obiettivo delle indagini è capire se nella sua ultima notte Ahmed abbia comunicato con altre persone. 

Parla l'amico di Ahmed

"Non era il tipo da invischiarsi in situazioni pericolose, traffici per parlare chiaro. Non era proprio il tipo. Lui era molto depresso, forse per attirare l’attenzione si è inventato la storia che fosse in pericolo, ma poi il male di vivere ha avuto il sopravvento ed è finita così". A pronunciare queste parole, pesanti come un macigno, è un ragazzo coetaneo di Ahmed, del quale era amico. Lo racconta su PadovaOggi Ivan Grozny Compasso. "Poi chi lo sa, magari viene fuori qualcosa di sconvolgente, ma come avrebbe potuto combinare qualcosa di così grave senza che nessuno della sua cerchia di amici lo venisse a sapere? A me sembra impossibile".

Compasso chiede all'amico se secondo lui Ahmed potrebbe essere finito in qualche giro strano, come ad esempio le cosiddette “baby gang” a cui accenna qualcuno. In realtà dalla Questura hanno assicurato che il ragazzo non aveva alcun precedente, non figura neppure nelle liste dei mille ragazzi della provincia che sono stati segnalati dalla Prefettura dopo gli episodi di risse verificatisi a Padova. "Se baby gang vuol dire che dei ragazzi si ritrovano per stare insieme allora ok, ma siccome è inteso in altro modo io direi che è una scorciatoia semplice che volete trovare voi adulti per dare un senso a qualcosa che non si può spiegare. Era troppo fuori da tutto per essere quello che chi sostiene questo, vorrebbe fare intendere".

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