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Sabato, 20 Aprile 2024
Il caso

Omicidio di Garlasco, Alberto Stasi condannato a 16 anni: "Ha ucciso Chiara Poggi"

Per lui - sempre assolto nei precedenti processi, poi la Cassazione ha annullato il verdetto - il procuratore generale aveva chiesto trent'anni

ROMA - A sette anni dall'omicidio di Chiara Poggi e a cinque anni esatti - era il 17 dicembre 2009 - dal verdetto di primo grado che assolto Alberto Stasi, l'allora fidanzato della 26enne è stato condannato a sedici anni di reclusione, oggi, dai giudici della corte d'Appello d'Assise di Milano nel processo di appello bis. Quello di Chiara Poggi, dunque, non rimane un delitto irrisolto, almeno fino all'ultimo pronunciamento della Cassazione.

Stasi è stato anche condannato all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e al risarcimento della famiglia della vittima: un milione di euro. I genitori di Chiara Poggi, visibilmente commossi, hanno abbracciato il legale di parte civile, l’avvocato Gian Luigi Tizzoni. "Siamo soddisfatti, non abbiamo mai mollato. C'è stata un po' di giustizia", hanno detto dopo la lettura della sentenza. 

CHIARA POGGI UCCISA 7 ANNI FA - Colpita a pochi passi dalla porta d’ingresso, trascinata e gettata lungo le scale che conducono in cantina. Il 13 agosto 2007 sul pavimento della villetta di via Pascoli a Garlasco (Pavia) restano le tracce delle mani insanguinate della vittima, Chiara Poggi, colpita più volte con un’arma sconosciuta, forse un martello. Un’aggressione feroce, perché l’assassino infierì su di lei fino a sfondarle il cranio.

ACCUSA E DIFESA - Stasi, unico a sedere sul banco degli imputati, era stato assolto in primo e secondo grado dall'accusa di omicidio. Due sentenze, però, poi annullate dalla Cassazione che aveva chiesto un nuovo processo per dissipare i dubbi, con nuove indagini e l’acquisizione di nuove prove. Grazie alle quali – secondo l’accusa e l’avvocato della famiglia Poggi, Gian Luigi Tizzoni – emergeva una certezza: era stato Alberto a massacrare Chiara il 13 agosto del 2007 nella villetta dei Poggi di Garlasco. Per questo il procuratore generale Barbaini aveva chiesto di condannare l’ex bocconiano a trent'anni per omicidio volontario aggravato dalla crudeltà. Per la difesa, invece, non c'erano prove per giudicarlo responsabile.

Delitto di Garlasco, la foto storia | Foto Infophoto

IL PROCESSO D'APPELLO BIS - La Corte, davanti alla quale lo scorso aprile si è aperto il cosiddetto processo d’appello bis, oltre al sequestro della bici nera da donna nella disponibilità degli Stasi, aveva disposto altri accertamenti: quelli genetici sul bulbo di un capello trovato nel palmo della mano sinistra di Chiara e sulle sue unghie (che non hanno dato esiti tali da costituire una prova processuale) e la ripetizione dell’esame sperimentale della cosiddetta "camminata" di Alberto, estendendolo ai due gradini e alla zona antistante la scala dove quell’estate di sette anni fa l’ex studente bocconiano disse di aver trovato il corpo senza vita della giovane donna. Esame, questo, con cui si è stabilito come sia impossibile che Stasi non si sia sporcato le scarpe e non abbia nemmeno lasciato una traccia ematica sul tappetino della sua Golf, l’auto con cui immediatamente dopo la scoperta del cadavere, si precipitò dai carabinieri del piccolo centro della Lomellina per dare l’allarme. Oltre alle perizie degli esperti nominati dalla Corte, agli atti del dibattimento c'erano alcuni dei risultati dei supplementi istruttori con cui nei mesi scorsi il procuratore generale Barbaini ha colmato una serie di lacune, omissioni ed errori dell’inchiesta e gli esiti di approfondimenti effettuati dai legali dei Poggi sulla bicicletta nera.

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