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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca Milano

"Abbiamo visto la cella dove è morto nostro figlio": per i periti non fu suicidio

Alessandro Gallelli aveva 21 anni quando è stato trovato senza vita nella cella numero 5 del carcere di San Vittore. Il 13 dicembre il giudice dovrà valutare due perizie che danno risultati opposti e decidere se archiviare o meno un caso aperto il 18 febbraio 2012

Cercano la verità da sei anni i genitori di Alessandro Gallelli, il 21enne trovato impiccato nella cella n.5 del reparto psichiatrico del carcere di San Vittore. Era il 18 febbraio 2012 e i familiari non hanno mai creduto all'ipotesi del suicidio. Ora i dubbi trovano conferma in una dettagliata perizia, condotta da quattro consulenti nominati dall'avvocato della famiglia, Salvatore Tesoriero.

Alessandro, allora 21enne, era da solo in cella, in isolamento. La perizia, che ribalta quella dei consulenti del pubblico ministero, sarà discussa nell'udienza del 13 dicembre, quando il giudice dovrà decidere se archiviare o meno il caso.  I periti scrivono chiaramente che la morte di Alessandro non è compatibile "con l'ipotesi suicidaria" ma è "riconducibile ad un omicidio mediante strozzamento".

In particolare "lo strozzamento è stato causato da un omicida posto frontalmente e lateralmente a destra", di Alessandro e avrebbe usato la mano sinistra per strozzarlo. Dopo averlo ucciso, ci sarebbe stata "un'attività di stanging", ossia una "manipolazione volontaria della scena criminis" per simulare un suicidio.

"Dopo tante insistenze abbiamo ottenuto l'autorizzazione a fare un'ispezione in quella cella con i nostri periti" racconta all'agenzia Dire Rita Maggioni,  madre di Alessandro. "Ci siamo andati anche io e mio marito, nel febbraio scorso. Abbiamo visto dopo sei anni la cella dove è morto nostro figlio".

I quattro periti, Silvio Cavalcanti, Vannio Vercilio, Salvatore Spitaleri e Luca Chianelli, non hanno potuto fare esami sul corpo di Alessandro. Ma, basandosi solo sulle uniche foto disponibili e relative solo al volto e al collo, hanno dedotto che Alessandro potrebbe essere stato strozzato durante un tentativo di "contenimento" perché era magari andato in escandescenze.

Alessandro fu trovato impiccato con la sua felpa, annodata alla finestra della cella. Ma per i periti i segni sul collo sarebbero stati causati dalla stretta sul collo di una mano sinistra e non dalla felpa. Non è comunque la prima perizia a mettere in dubbio il suicidio di Alessandro. Già il perito nominato dal Tribunale civile, Luigi Morgese, psichiatra del Policlinico di Milano aveva espresso molte perplessità.

Nella cella n.5 c'è infatti solo una finestra, chiusa da una rete spessa con piccoli buchi, dietro la quale ci sono le inferriate. Alessandro avrebbe dovuto far passare la manica della sua felpa tagliuzzata tra i buchi annodandola poi alle inferriate. Era però controllato a vista e alla 17.25 del 18 febbraio l'agente della polizia carceraria in servizio al reparto psichiatrico (tecnicamente viene chiamato Centro di osservazione neuropsichiatrica - Conp) annota che ha scambiato con lui una breve conversazione. Al controllo successivo, alle 17.30, Alessandro viene trovato impiccato. Cinque minuti per annodare una felpa facendola passare attraverso buchi così stretti che a fatica ci passa un dito, sono troppo pochi.

"Speriamo che il caso di mio figlio non sia archiviato. Finora abbiamo trovato solo muri di gomma. Vogliamo capire perché nostro figlio è morto in carcere".

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