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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Una storia tragica / Torino

Uccise il padre violento per difendere la madre: perché Alex Pompa è stato assolto

Le motivazioni della sentenza con cui lo scorso 24 novembre i giudici della Corte d'Assise hanno stabilito che "il fatto non costituisce reato". Quella del 20enne fu un reazione dettata da un pericolo "incombente" e "gravissimo"

Alex Pompa colpì "per legittima difesa" e ha agito "nella certezza di doversi difendere da un pericolo incombente, gravissimo e inevitabile". Lo scrivono i giudici nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso 24 novembre la Corte d'Assise di Torino ha assolto il ragazzo di 20 anni dall'accusa di aver ucciso a coltellate il padre 52enne per difendere la madre e il fratello dalle violenze dell'uomo che avrebbe minacciato di fare una strage.

La tragedia, avvenuta a Collegno, nel Torinese, risale al 30 aprile del 2020. Il giovane Alex intervenne durante una lite tra i suoi genitori e sferrò al padre Giuseppe 34 fendenti con sei coltelli diversi. Secondo una perizia, il ragazzo avrebbe sofferto di una sindrome post-traumatica provocata dal comportamento del genitore. Giuseppe Pompa è stato descritto come una persona "ossessiva, aggressiva, molesta e problematica". La moglie, Maria Caiola, ha detto in aula che poco prima del fatto l'uomo l'aveva chiamata "101 volte" per questioni di gelosia. Nel corso dei mesi, ha raccontato, sia lei sia i figli avevano registrato le sue continue sfuriate "perché pensavamo che ci avrebbe ammazzato".

Stando al racconto del giovane, la goccia che fece traboccare il vaso fu quando, quel 30 aprile, il padre si accorse che un collega aveva toccato due volte la spalla della moglie. "Era un gesto innocuo - aveva spiegato Alex -, ma per papà era la prova del tradimento. A casa fu un crescendo di minacce, di insulti e di offese". Ne seguì una lite furibonda che culminò con la morte del 52enne. 

Perché Alex Pompa è stato assolto: le motivazioni della sentenza

Il pm aveva chiesto 14 anni, ma i giudici hanno stabilito che il fatto "non costituisce reato". E oggi sono state rese note le motivazioni di quella sentenza. Secondo i magistrati Alex ingaggiò una lotta "per sopravvivere" e si trovò di fronte ad un contesto "privo di alternative che non fossero colpire o soccombere ed essere ucciso e lasciare uccidere gli altri" familiari. Il ragazzo sferrò 34 coltellate, di cui una al cuore. Ma non si accanì per rabbia o per vendetta. "Con riferimento agli ultimi colpi - scrivono infatti i giudivi -, tanti, rapidi e poco profondi, nessuno mortale, deve ritenersi che Alex Pompa, in quella situazione di terrore e in assenza di informazioni circa gli effetti (rapidamente mortali) della ferita appena inferta con il coltello che si spezzò, continuò a colpire perché sinceramente convinto di avere a che fare con un uomo ancora pericoloso".

Secondo i giudici dunque il 20enne ingaggiò una lotta contro un uomo, il padre Giuseppe, "che stava minacciando di fare una strage. Ciò che di ulteriore è avvenuto dopo quel colpo mortale è da ritenersi giustificato e realizzato per legittima difesa putativa e, in ogni caso, ininfluente". 

Dopo l'assoluzione il giovane aveva spiegato di essere "rimasto molto contento e molto sorpreso", ma dichiarò anche di sentirsi in colpa per quanto aveva fatto. "Sono pentito, assolutamente sì perché non è una cosa bella e non ho nemmeno fatto bene, l'ho detto fin dal primo momento che se potessi tornare indietro innanzitutto non lo farei mai, ma se potessi morirei io piuttosto che mio padre". 

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