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Venerdì, 29 Marzo 2024

Andrea Maggiolo

Giornalista

Via il porto d'armi a chi litiga con la compagna

La Questura può togliere la licenza di porto d'armi, compresa quella per il fucile da caccia, a un convivente che litiga con la compagna anche per motivi, vicende e situazioni personali che non riguardano il corretto uso delle armi, e che non hanno rilevanza penale. Lo ha stabilito una sentenza di qualche tempo fa del Consiglio di Stato che ha dato ragione a Questura di Savona e Viminale nel ricorso in appello contro la decisione del Tar della Liguria, che in primo grado aveva invece annullato la revoca del porto d'armi.

Il Questore di Savona, in sintesi, aveva tolto la licenza di porto di fucile sulla base di due relazioni degli agenti dell'ufficio prevenzione e soccorso pubblico che erano intervenuti per sedare la situazione di un "particolare stato di tensione e litigi in ambito familiare". Il Prefetto aveva poi valutato che l'uomo con porto regolare di fucile "aveva assunto comportamenti" che avevano determinato "un giudizio di inaffidabilità nell'uso delle armi", togliendogli la licenza.

"L'autorizzazione alla detenzione e al porto d'armi postulano che il beneficiario osservi una condotta di vita improntata alla piena osservanza delle norme penali e di quelle poste a tutela dell'ordine pubblico, nonché delle regole di civile convivenza - spiega il Consiglio di Stato nella sentenza che accoglie la tesi di Questura e Viminale ribaltando la decisione del Tar della Liguria -. La valutazione che compie l'autorità di pubblica sicurezza è caratterizzata da ampia discrezionalità e persegue lo scopo di prevenire l'abuso di armi. Il giudizio di non affidabilità è giustificabile anche in situazioni, come quella oggetto del ricorso, che non hanno dato luogo a condanne penali o misure di pubblica sicurezza, ma a situazioni genericamente ascrivibili a "buona condotta", nel caso anche a prescindere dai risvolti di eventuali querele riguardanti le vicende che hanno coinvolto l'appellato e la sua compagna. Gli episodi documentati dagli agenti sono elementi rilevanti e significativi che rendono non irragionevole la prognosi di inaffidabilità formulata da Questura e Prefetto".

Come diceva a Today Giorgio Beretta di OPAL a proposito di un grave fatto di cronaca recente, "la separazione matrimoniale o di convivenza è una fase particolarmente critica che spesso genera crisi di identità, soprattutto negli uomini, che possono facilmente sfociare in episodi di violenza nei confronti della donna. In questi casi, le forze di pubblica sicurezza possono fare poco perché possono intervenire solo quando vi è una segnalazione, un esposto o una denuncia, in mancanza delle quali raramente procedono ad un ritiro cautelativo delle armi".

Che fare dunque? "Andrebbe introdotta nella nostra legislazione una norma che, nei casi di separazione matrimoniale in cui una delle due parti detiene armi, renda obbligatorio un colloquio delle parti con un medico legale delle Aziende sanitarie locali o della Polizia di Stato per accertare la situazione della coppia - commentava l'analista di OPAL - Questo permetterebbe al medico legale di segnalare alla prefettura elementi utili per procedere al ritiro cautelativo delle armi. Il possesso di un’arma non è, infatti, un fattore secondario o marginale: un’arma in casa, soprattutto nel caso di omicidi familiari e femminicidi, non rappresenta un mero strumento per eseguire un assassinio, ma costituisce un fattore psicologico di particolare pregnanza nell’ideazione e nella progettazione dell’azione delittuosa".

Ma non bisogna arrivare per forza ai casi di separazione; anche quando ci sono "semplicemente" liti in famiglia (se in quella famiglia ci sono armi legali) che arrivano alle orecchie delle forze dell'ordine, restare a guardare non è (più) un'opzione. Basta un litigio violento per far scattare il campanello d'allarme. La stragrandissima maggioranza di coloro che ha licenze per armi in Italia è ligio alle regole, non ci stancheremo mai di ribadirlo. Ma resta il problema della facilità con cui si può ottenere una licenza e con essa acquistare un'arma da fuoco. Ogni decisione o sentenza improntata alla cautela, oltre che al buonsenso, non può che essere accolta con soddisfazione.

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