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Martedì, 28 Novembre 2023

Andrea Maggiolo

Giornalista

Uomini che uccidono le donne con armi legali

Il 56enne Mauro Moser ha ucciso la moglie Viviana Micheluzzi a Castello-Molina di Fiemme, in Trentino. Poi ha rivolto l'arma verso di sé. A trovare i corpi è stato uno dei figli. L'uomo deteneva un regolare porto d'armi e sembra che la pistola (una Glock calibro nove) sia stata acquistata la mattina del giorno dell'omicidio in un'armeria della bassa atesina. Dettagli sull'esatta tipologia di licenza grazie alla quale l'uomo poteva legalmente avere un'arma in mano non filtrano. La pistola era a fianco dei corpi: solo due i colpi esplosi in tutto, sufficienti per una tragedia che ha sconvolto tutti. "Un dramma che ci coglie di sorpresa e che lascia una comunità senza parole e sotto shock", commenta il sindaco del piccolo comune. I due avrebbero avuto una discussione nei pressi del maso nell'azienda agricola che portavano avanti insieme da anni: un'attività nata dalla passione per l'apicoltura di Micheluzzi. Sulla vicenda la Procura di Trento ha aperto un fascicolo che servirà per compiere gli accertamenti necessari a ricostruire la tragedia, sulla cui dinamica però non sembrano sussistere dubbi: omicidio-suicidio.  Mauro Moser, raccontano i media locali, non accettava il fatto che la moglie avesse deciso di mettere la parola fine a un'unione, personale e lavorativa, che durava da trent'anni. Forse c'erano dissidi sugli accordi economici per la separazione. A un'amica Micheluzzi avrebbe detto che Moser era diventato aggressivo. Oggi era in programma un incontro in tribunale.

"Dalle informazioni finora rese pubbliche - dice a Today Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa (OPAL) - non è possibile sapere il tipo di licenza di porto d’armi (tiro sportivo, uso caccia,ecc.) di cui era in possesso Mauro Moser né quando l’abbia ottenuta, ma due fatti sono certi: la coppia aveva in corso una separazione e la pistola è stata acquistata dal marito omicida la mattina dell’omicidio, un fatto questo che indica una chiara premeditazione". "Come hanno rilevato diversi studi - ci ricorda Beretta - la separazione matrimoniale o di convivenza è una fase particolarmente critica che spesso genera crisi di identità, soprattutto negli uomini, che possono facilmente sfociare in episodi di violenza nei confronti della donna. In questi casi, le forze di pubblica sicurezza possono fare poco perché possono intervenire solo quando vi è una segnalazione, un esposto o una denuncia, in mancanza delle quali raramente procedono ad un ritiro cautelativo delle armi".

Che fare dunque? "Andrebbe introdotta nella nostra legislazione una norma che, nei casi di separazione matrimoniale in cui una delle due parti detiene armi, renda obbligatorio un colloquio delle parti con un medico legale delle Aziende sanitarie locali o della Polizia di Stato per accertare la situazione della coppia - commenta l'analista di OPAL - Questo permetterebbe al medico legale di segnalare alla prefettura elementi utili per procedere al ritiro cautelativo delle armi. Il possesso di un’arma non è, infatti, un fattore secondario o marginale: un’arma in casa, soprattutto nel caso di omicidi familiari e femminicidi, non rappresenta un mero strumento per eseguire un assassinio, ma costituisce un fattore psicologico di particolare pregnanza nell’ideazione e nella progettazione dell’azione delittuosa".

La stragrandissima maggioranza di coloro che ha licenze per armi è ligio alle regole. Ciò non toglie che resta il problema della facilità con cui si può ottenere una licenza nell'Italia del 2022 e con essa acquistare un'arma da fuoco.  A qualsiasi cittadino, esente da malattie nervose e psichiche, non alcolista o tossicodipendente è consentito di ottenere una licenza per armi dopo aver superato un rapido esame di maneggio delle armi e un controllo da parte della Questura circa la sua affidabilità. Dal punto di vista sanitario, tutto si basa su un’autocertificazione controfirmata dal medico curante e una breve visita presso l’Asl, non diversa - sintetizziamo - da quella per ottenere la patente di guida. Persone che si rivelani propense alla violenza possono entrare agevolmente in possesso di armi. E' un dato di fatto: il dramma immane della Val di Fiemme ce lo ricorda nel modo più brutale. Prevedere una deriva violenta di una persona non è certo sempre possibile, ma sarebbe utile modificare le norme in modo che chiunque abbia una licenza venga sottoposto a visite che ne accertino lo stato di salute mentale, con esami clinici che invece attualmente non sono generalmente richiesti. E anche questo è un dato di fatto. Un recente disegno di legge dell'onorevole Riccardo Magi chiede di introdurre esami clinici per accertare lo stato di salute psicofisica di chi detiene armi. Difficile che vada in porto in questa legislatura.

Da tempo abbiamo indicato alcune priorità sul tema armi facili. Primo, una relazione annuale del Viminale con tutti i dati certi relativi alle licenze di porto d'armi. Secondo, specifici controlli medici per accertare lo stato di salute psico-fisica di chi chiede una licenza al momento del rilascio. Terzo, specifici controlli medici per accertare lo stato di salute psico-fisica di chi chiede il rinnovo di una licenza. Quarto, l'obbligo di informare della licenza tutti i conviventi e familiari maggiorenni, recependone il parere. Infine, la norma auspicata da Giorgio Beretta e da OPAL, ovvero che nei casi di separazione matrimoniale, in cui una delle due parti detiene armi, si renda obbligatorio un colloquio delle parti con un medico legale. Per evitare altre vite spezzate, o almeno per provarci. Perché non fare nulla e restare a guardare non è più un'opzione. 

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