Arrestato Domenico Cutrì, fuga finita per il boss evaso a Gallarate

MILANO - Non si era mai allontanato troppo da casa sua. Si sentiva al sicuro in quella costruzione abbandonata in via Villoresi ad Inveruno, a pochi passi dalla sua abitazione, quella vera. Lo hanno trovato lì i carabinieri. Questa notte, poco dopo le tre, hanno fatto saltare le porte, una dopo l'altra. Poi l'irruzione e le manette. Fuga finita per Domenico Cutrì, il 31enne boss ergastolano evaso lunedì dopo un sanguinoso blitz al tribunale di Gallarate. 

Aveva pasta, biscotti, acqua, caffè, tabacco: forse avrebbe potuto continuare la sua latitanza per qualche giorno ancora. E aveva una pistola Cutrì, ma non ha fatto neanche in tempo ad usarla. I carabinieri sono andati a colpo sicuro, lo hanno sorpreso e arrestato. In manette anche Luca Greco, l'ultimo uomo del commando armato. Non faceva la guardia, era accanto a Cutrì a dormire in quel covo freddo e degradato nel quale sembrerebbe impossibile riposare. 

Eppure i carabinieri, dopo giorni di ricerche e arresti, sapevano con sicurezza che Cutrì era lì. Aveva terra bruciata attorno a sé il boss e non aveva più modi per difendersi. Un fratello, Nino, morto durante il blitz per i colpi d'arma da fuoco degli agenti penitenziari. Un'altro, Davide, arrestato solo qualche giorno fa con l'accusa di avere aiutato la latitanza di Mimmo. Tra mercoledì e giovedì, poi, la svolta. L'arresto di quattro banditi, due dei quali avevano cominciato a "cantare". Quando le manette sono arrivate anche per Carlotta Di Lauro, cognata di Cutrì e in fuga con un figlio di cinque anni, per Domenico non c'è stato più futuro. 

Sapeva che sarebbero andati a prenderlo. Li ha aspettati dormendo fra le pagine di giornale con la sua storia da latitante e fra cartoni trasformati in letto.