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Venerdì, 19 Aprile 2024

Da criminale a jihadista: la storia di Karlito Brigande

Voleva arrivare in Iraq per compiere un attentato con un'autobomba. Ma i carabinieri gli stavano addosso. La storia del criminale macedone che ha deciso di cambiare vita in modo radicale, nel nome di Allah

Si chiama Vulnet Maqelara, ma tutti lo conoscono come Karlito Brigande: è uno dei criminali macedoni più pericolosi degli ultimi vent’anni nonché ex militante dell’Esercito di Liberazione Nazionale (UCK). Ora è stato arrestato a Roma e i carabinieri del Ros ritengono che si sia arruolato con l’Isis, e ne hanno documentato il suo tentativo di scappare in Iraq per compiere almeno un attentato con un’autobomba. 

Ordinanza di custodia cautelare anche per l'uomo che lo ha arruolato, noto alle forze dell'ordine: Barhoumi Firas, un tunisino di 29 anni, transitato in Italia prima del trasferimento in Iraq nelle file del Califfato. I due si sono conosciuti nel carcere di Rebibbia. c'è poi un terzo uomo, Abdula Kurtishi, 26enne macedone , evaso da un carcere del suo Paese e in contatto costante con Brigande. Anche lui è stato arrestato a Roma per evasione e possesso di documenti falsi. 

Quella di Carlito Brigande è una storia lunga fatta di crimini e carcere: 41 anni, è nato a Debar in Macedonia. Repubblica ricostruisce la sua storia: "Prima del 2004 scontò una pena di 15 anni in Italia per rapine, poi fu arrestato di nuovo a Skopje perché accusato di essere un trafficante di uomini. Ha cambiato il suo vero nome (Vulnet Makelara) in Karlito Brigande, in onore al personaggio del film Carlito’s Way. Viveva a Roma, nel quartiere di Torre Spaccata, ed era stato catturato già il due novembre scorso, su mandato internazionale del tribunale macedone di Gostivar, per reati di “lesioni personali gravi, pericolosità pubblica, detenzione illegale di armi e materiale esplosivo, aggressione a pubblico ufficiale”. Notizia tenuta coperta per esigenze di indagine".

Portando avanti le indagini gli investigatori poi si sono accorti che l'uomo era pronto per unirsi alle milizie dell'Isis. Dopo le perquisizioni dell'appartamento e l'analisi dei suoi quattro telefoni cellulari: qui sono stati ritrovati file audio di conversazioni tra lui e Firas. Così si è scoperto che il progetto dell'attentato non era solo un'idea, ma un programma. L'inchiesta è partita dai carabinieri della compagnia di Roma Centro, dopo l'arresto del macedone durante un'operazione di routine. Ma i militari sono rimasti colpiti da lettere scritte dall'uomo, con frasi in arabo. 
 

Fonte: La Repubblica →
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