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Mercoledì, 17 Aprile 2024
"Adesso vogliamo giustizia"

Ex Br arrestati, i familiari delle vittime: "Una ferita aperta, un dolore troppo forte"

Il figlio di Lino Sabbadin, il macellaio ucciso nel '79 dai Proletari Armati per il Comunismo: "Adesso deve essere fatta giustizia. Erano troppi anni che aspettavamo questo momento"

Soddisfazione, ma non gioia. Sono i sentimenti contrastanti di alcuni dei familiari delle vittime degli ex membri delle Brigate Rosse arrestati oggi in Francia. Una condizione espressa da Adriano Sabbadin, figlio di Lino, il macellaio ucciso il 16 febbraio 1979 a Santa Maria di Sala (Venezia) dai membri del gruppo Proletari Armati per il Comunismo: "Vorrei dire che gioisco, ma per il momento ammetto che sono soddisfatto. Era indispensabile assicurare questi terroristi alla giustizia. Questi non sono da considerarsi 'ex' terroristi ma lo sono tuttora, tali almeno vanno considerati. E  devono finalmente assumersi le loro responsabilità". 

Fin dalla morte del padre, Adriano Sabbadin si è sempre speso per arrivare all'arresto dei responsabili e dei loro fiancheggiatori: "Questi assassini devono essere consegnati alla giustizia. È tutto quello che ho da dire. Sono persone che hanno rovinato famiglie, come la mia. A distanza di quarant'anni dall'omicidio di mio padre la ferita per noi è ancora aperta". 

"I morti ammazzati, nostri cari, non sono andati in prescrizione - aggiunge Sabbadin riferendosi al fatto che per Bergamin dovrebbe essere già scattata - Che paghino tutti, non è solo un dovere verso i familiari delle vittime, ma un diritto della nostra democrazia. Finalmente, adesso deve essere fatta giustizia. Erano tanti, troppi anni che aspettavamo questo momento. Certo, riaffiorano brutti ricordi, ma oggi è una giornata positiva, speriamo che adesso paghino per quanto hanno fatto ma questi arresti dovevano essere fatti tanti anni fa, e 'qualcuno', ovvero il governo francese che non ha concesso l'estradizione per così tanto tempo si deve sentire responsabile. Perché, assicurare alla giustizia degli assassini deve essere un dovere morale per tutti, e questo era doveroso non sono nei confronti della nostra famiglia ma di tutto il nostro Paese"

Una ferita ''fresca'' anche per Caterina Selvini, vedova dell'appuntato dei carabinieri Giuseppe Gurrieri, ucciso il 13 marzo del 1979 da Narciso Manenti. Dopo la notizia dell'arresto, la donna è scoppiata in lacrime:"È un dolore ancora troppo forte, anche se sono passati 40 anni". 

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