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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Processo Ruby, Silvio Berlusconi assolto da tutte le accuse

Arriva la clamorosa sentenza del processo d'appello sul caso Ruby. L'ex premier era imputato per concussione per costrizione e prostituzione minorile. In primo grado era stato condannato a sette anni

MILANO - E' il giorno in cui si decide il destino giudiziario (e politico) di Silvio Berlusconi. Ed è un destino "propizio", perché il verdetto d'appello sul caso Ruby sorride all'ex premier: in secondo grado Berlusconi è stato assolto da tutte le accuse dalla seconda corte d'appello di Milano. 

Per un capo (l'accusa di prostituzione minorile) perchè "il fatto non costituisce reato", e per un altro (la concussione) perché  "il fatto non sussiste".

L'ex presidente del Consiglio ha atteso la sentenza all’istituto Sacra Famiglia di Cesano Boscone, la struttura specializzata per l’assistenza ai malati anziani di Alzheimer, dove svolge l’affidamento in prova ai servizi sociali, come stabilito dalla sentenza di condanna del processo Mediaset.

SILVIO COMMOSSO - Dopo la notizia, Berlusconi si è detto "commosso, l’accusa era ingiusta e infamante. Il primo pensiero è per i miei cari, che hanno sofferto anni di aggressioni. Anche loro hanno sofferto con me anni di aggressione mediatica, di pettegolezzi, di calunnie, e mi sono stati accanto con serenità e affetto ineguagliabile. La maggioranza dei magistrati merita un pensiero di rispetto, perché fa il proprio lavoro silenziosamente, con equilibrio e rigore ammirevoli". Ha inoltre fatto riferimento alla sua attività politica, dicendo che "da oggi possiamo andare avanti con più serenità. Il percorso politico di Forza Italia non cambia. Credo che questo sia nell'interesse dell'Italia, della democrazia, della libertà". 

"Una sentenza oltre le più rosee previsioni - ha commentato l'avvocato Franco Coppi, difensore dell'ex premier - Questo processo non poteva che concludersi con un'assoluzione piena. Se dovessi fare una lezione all'università porterei questo processo come esempio di una condotta che non costituisce reato".

EMILIO FEDE "PAZZO DI GIOIA" - "E' finalmente venuta fuori la verità che io ho sempre saputo, e io sapevo bene come sono andate le cose perché ci sono sempre stato". Lo ha detto il direttore Emilio Fede, a sua volta condannato in primo grado nel cosiddetto processo Ruby bis. "Lui non sapeva che la ragazza fosse minorenne come del resto non lo sapevo io - ha proseguito - e comunque in quelle feste non si faceva nulla di quello che è stato oggetto del processo. Gli ho mandato subito un sms 'Sono pazzo di gioia'", ha aggiunto Fede.

Per il leader di Forza Italia il sostituto pg di Milano, Piero De Petris, aveva chiesto di confermare i sette anni di carcere ("pena severa, ma giusta", aveva detto) che gli sono stati inflitti in primo grado per concussione per costrizione e prostituzione minorile. La difesa, invece, con i professori Franco Coppi e Filippo Dinacci, aveva chiesto l'assoluzione per insussistenza dei fatti contestati, puntando su tutta una serie di questioni processuali, tra cui l'inutilizzabilità delle intercettazioni per tentare di portare all'annullamento o alla riformulazione della sentenza del Tribunale.  

LA RICOSTRUZIONE DEL CASO - Venerdì scorso, nel chiedere la conferma della sentenza dei giudici della quarta sezione penale emessa poco più di un anno fa, il 24 giugno 2013, il pg De Petris era partito dalla ricostruzione dell'ormai famosa notte in Questura tra il 27 e il 28 maggio del 2010, quando la 17enne Ruby, portata in via Fatebenefratelli perché sospettata di furto, venne rilasciata dopo una telefonata dell'ex premier e affidata all'allora consigliere regionale Nicole Minetti. Secondo il pg, Berlusconi avrebbe fatto pressioni sul capo di gabinetto della Questura, Pietro Ostuni, e 'a cascata' sul funzionario Giorgia Iafrate, al punto da "ordinare" loro con una "minaccia implicita", e intimidendoli, la consegna della giovane marocchina. Quanto al reato di prostituzione minorile, poi, per il pg "è certa l'attività di meretricio della minorenne" a Villa San Martino, tra il settembre 2009 e il maggio 2010, e anche altrove. Per la difesa, invece, la condanna di primo grado è basata solo su "opinioni" e su "congetture che servono solo a puntellare prove inesistenti". E poi, secondo i legali, c'era un "dato insuperabile": la stessa Ruby ha sempre negato di aver fatto sesso con l'allora presidente del Consiglio. 

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