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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Caso Budroni, agente che sparò condannato in Appello: "Ora non voglio più vederlo in divisa"

Il caso del 40enne ucciso da un poliziotto al culmine di un inseguimento sul Gra. Ribaltata la sentenza di primo grado: otto mesi all'agente che aprì il fuoco. La sorella di Bernardino: "Giustizia è stata fatta, spero che venga allontanato dalla polizia"

L’azione di Michele Paone, il poliziotto che la notte tra il 29 e 30 luglio del 2011, al termine di un inseguimento lungo il Gra, a Roma, uccise con un colpo di pistola il 40enne Bernardino Budroni, non fu "adeguata e proporzionata all’entità della situazione" come stabilito al termine del processo di primo grado.

Dopo sette anni di battaglie processuali, la sentenza è stata ribaltata in Appello: i giudici hanno condannato Paone a 8 mesi di reclusione per omicidio colposo con eccesso colposo dell'uso legittimo delle armi.

Budroni, che era stato denunciato per stalking dalla sua ex fidanzata, venne inseguito da una volante mentre era a bordo della sua auto dopo aver avuto una violenta discussione proprio con la sua ex. Quella notte non si fermò all’alt della polizia e imboccò il Grande Raccordo Anulare. Di lì a breve la tragedia. Paone esplose due colpi, di cui uno fatale. Due colpi esplosi "a macchine ferme e ad altezza d’uomo" è la tesi da sempre sostenuta dalla famiglia della vittima, parte civile nel processo d’Appello.

Caso Budroni, giudice trasferito a tre giorni dall'udienza

A quasi sette anni da quella tragica sera, la Corte d’Appello ha dato ragione ai familiari. "Dopo la vergognosa sentenza di primo grado posso dire che giustizia è stata fatta e che l’uomo che ha ucciso mio fratello è un omicida" si sfoga la sorella Claudia raggiunta al telefono da Today. "Se otto mesi sono pochi? Non mi interessa l’entità della pena, tanto Dino non ce lo ridarà indietro nessuno, ma Paone non lo voglio più vedere con una divisa. Noi continueremo a dare battaglia finché quella divisa non gli verrà tolta".

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"Mai più personaggi del genere in divisa"

"Lo Stato si deve svegliare - prosegue la sorella della vittima – soggetti del genere devono essere allontanati, è vergognoso che lo Stato li paghi e li protegga nonostante abbiano usato un’arma contro un uomo disarmato". "Io non dimentico tutto quello che abbiamo passato. Non dimentico che a pronunciare la sentenza di primo grado  fu lo stesso giudice che aveva già condannato mio fratello da morto per il possesso di una balestra. La morte di Dino ha distrutto la mia famiglia. Continueremo a combattere per mio fratello – assicura -, ma anche per le altre vittime dello Stato perché questi soggetti siano allontanati dalle forze dell’ordine".  

Il legale: "Fu un omicidio di Stato"

"Quello di Bernardino Budroni fu omicidio di Stato. Oggi lo possiamo dire, dopo tanti anni e una sentenza di primo grado che aveva assolto l'agente" ha commentato invece l'avvocato Fabio Anselmo, legale di parte civile, dopo la sentenza della corte d'appello di Roma.

La morte di Dino dunque non fu un semplice incidente, una tragica fatalità. Nonostante Budroni non avesse nessuna possibilità di "offendere", come riconosciuto in passato anche dalla pubblica accusa, il poliziotto decise di sparare da pochi metri contro l'auto di Dino, ormai ferma, come confermato anche da uno dei carabinieri intervenuti. E i due proiettili finirono molto lontano dall'unico bersaglio "giustificabile", le gomme.

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